La Passione di Carlo Mazzacurati
Molti film italiani all'ultimo festival di Venezia; cerco di capire se hanno una buona qualità e sento giudizi positivi, anche se non concordi su "La Passione" di Carlo Mazzacurati. Questo regista che avevo seguito nei primi film "Notte italiana" e "La lingua del santo" l'avevo un pò perso di vista. Non è stato mai abbastanza sponsorizzato visti i suoi film "minimal", di provincia, poco spettacolari. Per caso, il giorno prima dell'uscita de "La passione", hanno dato in tv "La giusta distanza", un interessantissimo giallo ambientato in un Polesine sapientemente dipinto. Un film che anche Raiuno avrebbe potuto trasmettere, conservando e magari superando gli ascolti delle squallide fiction che ne popolano le serate, acquistando un pò di qualità. La Passione invece è un film piu' complesso, una commedia picaresca, con il meccanismo del film nel film (meglio ancora del quasi film, piu' una rappresentazione pasquale, nel film). La trama è molto intricata ed allo stesso tempo scoppiettante, il ritmo sempre alto, la comicità dei personaggi dona leggerezza all'architettura. Il risultato è un film anomalo, atipico, alternativo, originale per il cinema italiano, quasi sperimentale. Gli attori hanno potuto dare libero sfogo alle loro capacità e tra Silvio Orlando, Battiston ed un folgorante Corrado Guzzanti non si sa chi sia stato piu' bravo. Altro aspetto da sottolineare è il lavoro su un'unità di spazio limitata, ma fortemente evocativa, che è una delle caratteristiche meritorie del cinema di Mazzacurati, spesso c'è la provincia veneta, nel nostro caso ci imbattiamo nel piccolo ed impeccabile comune toscano. Paesaggio incontaminato, borgo medievale, con annessi amministratori e paesani caratteristici, un piccolo mondo ricreato con gusto. Ma non manca la connessione con la realtà fatta di fiction televisive che celebrano attricette di poco pregio e di registi mobbizzati dai produttori.
Un grido di aiuto alla genialità e alla creatività dell'artista come anticorpo alla decadenza culturale del nostro paese. Chi osa (ed è bravo) vince.
27.9.10
20.9.10
Piu' di un'epopea scolastica
Il risorgimento italiano di A.M Banti
Dopo l'attrattiva per il medioevo ed i suoi offuscati contorni, mi è presa la curiosità di approfondire il Risorgimento italiano. Questo periodo storico è stato seppellito per lunghi anni in melassa retorica nazionalista fino a renderlo indigesto. Dai tempi in cui l'ho studiato a scuola non ho avuto modo di ritornarci per mancanza di stimoli come ad esempio programmi televisivi, servizi giornalistici o film. Ma ora, un pò per una mia sensazione di depauperamento di conoscenze storiche, un tempo brillanti, un pò per la concomitante celebrazione del centocinquantenario dell'unità d'Italia, ho avuto voglia di riprendere l'argomento. Oltre a qualche documentario visto su Rai Storia mi è venuto incontro questo interessante libro edito da Laterza "Il Risorgimento italiano" di Alberto Mario Banti. Il punto di vista che guida l'opera è la nascita e lo sviluppo dell'idea di unità, piu' che che la solita tiritera di moti e battaglie. Un libro "poco risorgimentale" in senso stretto, cioè poco incline al patriottismo fasullo dei combattimenti e dei martiri, ma che riserva una trattazione complessa nel mettere insieme le politiche degli stati preunitari e le idee e le azioni dei sostenitori dell'idea di nazione.
L'autore individua l'origine del Risorgimento nel periodo compreso fra il 1796 e il 1799, gli anni delle vittorie napoleoniche del Triennio Repubblicano, perchè
Una lettura attuale, interessante, doverosa, e piacevole che ci ricorda di quanto non sia stata ovvia la costruzione della nazione Italia.
Successivamente preso da questa recuperato amore per il Risorgimento sono andato alla giornata delle celebrazioni dell'anniversario della presa di Porta Pia, ho seguito dibattiti, ho fatto ricerche, ho visto film. Un libro decisamente stimolante.
Dopo l'attrattiva per il medioevo ed i suoi offuscati contorni, mi è presa la curiosità di approfondire il Risorgimento italiano. Questo periodo storico è stato seppellito per lunghi anni in melassa retorica nazionalista fino a renderlo indigesto. Dai tempi in cui l'ho studiato a scuola non ho avuto modo di ritornarci per mancanza di stimoli come ad esempio programmi televisivi, servizi giornalistici o film. Ma ora, un pò per una mia sensazione di depauperamento di conoscenze storiche, un tempo brillanti, un pò per la concomitante celebrazione del centocinquantenario dell'unità d'Italia, ho avuto voglia di riprendere l'argomento. Oltre a qualche documentario visto su Rai Storia mi è venuto incontro questo interessante libro edito da Laterza "Il Risorgimento italiano" di Alberto Mario Banti. Il punto di vista che guida l'opera è la nascita e lo sviluppo dell'idea di unità, piu' che che la solita tiritera di moti e battaglie. Un libro "poco risorgimentale" in senso stretto, cioè poco incline al patriottismo fasullo dei combattimenti e dei martiri, ma che riserva una trattazione complessa nel mettere insieme le politiche degli stati preunitari e le idee e le azioni dei sostenitori dell'idea di nazione.
L'autore individua l'origine del Risorgimento nel periodo compreso fra il 1796 e il 1799, gli anni delle vittorie napoleoniche del Triennio Repubblicano, perchè
“fu in quella fase che per la prima volta si cominciò a parlare di rigenerazione (o risorgimento) della nazione; fu in quel periodo che alcuni ambienti politico-intellettuali formularono per la prima volta chiari progetti di costruzione di uno stato unitario, intorno ai quali si tentò anche di mobilitare energie ed individui“.Il libro prevede accanto alla trattazione degli avvenimenti, i documenti di riferimento, dal "Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799" di Vincenzo Cuoco alle opere di Mazzini, Gioberti, Cattaneo, Garibaldi e degli altri attori dell'unità. Non mancano documentazioni di carte costituzionali quali ad esempio lo statuto "Albertino" o la costituzione della Repubblica Romana.
Una lettura attuale, interessante, doverosa, e piacevole che ci ricorda di quanto non sia stata ovvia la costruzione della nazione Italia.
Successivamente preso da questa recuperato amore per il Risorgimento sono andato alla giornata delle celebrazioni dell'anniversario della presa di Porta Pia, ho seguito dibattiti, ho fatto ricerche, ho visto film. Un libro decisamente stimolante.
13.9.10
Il male che acceca l'uomo
I demoni di Dostoevskij
Sono tornato a leggere Dostoevskij per andare sul sicuro. A suo tempo avevo comprato diversi suoi libri che tenevo ad ammuffire in libreria. Ho estratto così i due volumi de "I Demoni", che qualcuno legge con l'accento sulla "e" e qualcun altro sulla "o", e me ne sono appassionato. La prima parte mi è sembra molto melò, quasi quasi un romanzo "da femmine", un romanzo ottocentesco classico, poi un pò alla volta è prevalsa la matrice politico-sociale dell'opera. Come al solito i personaggi sono molti, e tutti con i nomi russi che, una volta col patronimico una volta col diminutivo, sembrano proliferare a dismisura, c'è da stare attenti. Ma a parte queste piccole difficoltà e nonostante la complessità delle vicende, e dell'ambientazione storico geografica che ad un lettore non proprio russista può sfuggire, la lettura coinvolge parecchio. C'è ritmo, passione, azione, ammazzamenti, ma anche e soprattutto stategia politica, riflessioni filosofiche, crisi spirituali. I personaggi sono fortemente caratterizzati e ti si legano come e piu' di un buon serial televisivo, senza che, per questo, l'opera perda da qualche parte un pizzico di qualità. Solo un grande autore riesce in ciò. Come non rimanere avvinghiati all'enigmatico e folle Nikolaj Stavroghin, un pò il cardine del romanzo sempre in lotta col mondo e con la società fino a diventare apatico e indifferente a tutto; come non divertirsi, nella parte iniziale con Stepan Trofimovic e la sua mecenate la “generalessa” Varvara Petrovna e commuoversi nel loro finale ; come non parteggiare per quella specie di società segreta che anticipa i moti rivoluzionari russi di inizio novecento, composta da varie anime : Pëtr Stepanovic il capo cinico e violento, Kirillov mistico nichilista e distruttivo, che dimostra la non esistenza di Dio attraverso il suicidio cosciente, Šatov, liberalista che abbraccia la causa del grande popolo russo, ma anch'esso tormentato e mal destinato per citarne alcuni. Una serie di uomini ossessionati, posseduti, con animi confusi, sconvolti, per la ricerca snervante dell'idea di libertà e giustizia. Mi piacerebbe vederli nella società italiana attuale, intellettuali di questo calibro, che, si organizzano con la stessa veemenza, nostante contraddizioni e violenze intestine, per ribaltare l'establishment cristallizato, il vecchiume secolarizzato che ci domina e ci guida. Le odierne superficialità e menefreghismo, vuoto di pensiero e di dignità sono proprio all'opposto delle pulsioni che animavano i nostri tormentati demoni. Ma chissà in un futuro non troppo remoto......
Alcune citazioni :
Sono tornato a leggere Dostoevskij per andare sul sicuro. A suo tempo avevo comprato diversi suoi libri che tenevo ad ammuffire in libreria. Ho estratto così i due volumi de "I Demoni", che qualcuno legge con l'accento sulla "e" e qualcun altro sulla "o", e me ne sono appassionato. La prima parte mi è sembra molto melò, quasi quasi un romanzo "da femmine", un romanzo ottocentesco classico, poi un pò alla volta è prevalsa la matrice politico-sociale dell'opera. Come al solito i personaggi sono molti, e tutti con i nomi russi che, una volta col patronimico una volta col diminutivo, sembrano proliferare a dismisura, c'è da stare attenti. Ma a parte queste piccole difficoltà e nonostante la complessità delle vicende, e dell'ambientazione storico geografica che ad un lettore non proprio russista può sfuggire, la lettura coinvolge parecchio. C'è ritmo, passione, azione, ammazzamenti, ma anche e soprattutto stategia politica, riflessioni filosofiche, crisi spirituali. I personaggi sono fortemente caratterizzati e ti si legano come e piu' di un buon serial televisivo, senza che, per questo, l'opera perda da qualche parte un pizzico di qualità. Solo un grande autore riesce in ciò. Come non rimanere avvinghiati all'enigmatico e folle Nikolaj Stavroghin, un pò il cardine del romanzo sempre in lotta col mondo e con la società fino a diventare apatico e indifferente a tutto; come non divertirsi, nella parte iniziale con Stepan Trofimovic e la sua mecenate la “generalessa” Varvara Petrovna e commuoversi nel loro finale ; come non parteggiare per quella specie di società segreta che anticipa i moti rivoluzionari russi di inizio novecento, composta da varie anime : Pëtr Stepanovic il capo cinico e violento, Kirillov mistico nichilista e distruttivo, che dimostra la non esistenza di Dio attraverso il suicidio cosciente, Šatov, liberalista che abbraccia la causa del grande popolo russo, ma anch'esso tormentato e mal destinato per citarne alcuni. Una serie di uomini ossessionati, posseduti, con animi confusi, sconvolti, per la ricerca snervante dell'idea di libertà e giustizia. Mi piacerebbe vederli nella società italiana attuale, intellettuali di questo calibro, che, si organizzano con la stessa veemenza, nostante contraddizioni e violenze intestine, per ribaltare l'establishment cristallizato, il vecchiume secolarizzato che ci domina e ci guida. Le odierne superficialità e menefreghismo, vuoto di pensiero e di dignità sono proprio all'opposto delle pulsioni che animavano i nostri tormentati demoni. Ma chissà in un futuro non troppo remoto......
Alcune citazioni :
"L'elevatezza della struttura umana favorisce
talvolta anche l'inclinazione verso i pensieri cinici, non fosse altro che per la varietà degli sviluppi"
«Avete mai visto una foglia d’albero? Io ne ho vista or non è molto una gialla, un po’ verde, agli orli era marcita. Il vento la portava. Quando avevo dieci anni, d’inverno chiudevo gli occhi apposta e mi rappresentavo una foglia verde, lucente, con le venettine, e il sole splendeva. Aprivo gli occhi e non credevo, perché era molto bello, e li chiudevo di nuovo. Non parlo d’un’allegoria, ma semplicemente d’una foglia, d’una foglia. La foglia è bella. Tutto è bello. L’uomo è infelice, perché non sa di essere felice. Chi lo saprà, colui diventerà subito felice, sull’istante. Tutto è bene, tutto. Tutto è bene per coloro che sanno che tutto è bene. Se sapessero di star bene, starebbero bene, ma finché non lo sanno di star bene, staranno male. Ecco tutta l’idea, tutta, non ce n’è nessun’altra!»
“esistevano due persone, e a un tratto eccone una terza, uno spirito nuovo, compiuto, finito, come non ne escono dalle mani dell’uomo; un nuovo pensiero e un nuovo amore, fa perfino paura… E non c’è nulla di più alto sulla terra!”
"Stepàn Trofimovic aveva saputo toccare nel cuore del suo amico le corde più profonde e suscitare in lui una prima, ancora indefinita sensazione di quella eterna sacra malinconia che certe anime elette, gustatala e conosciutala una volta, non muterebbero poi mai più in una soddisfazione a buon mercato. (Ci sono anche degli amatori che hanno cara questa malinconia più della soddisfazione più piena, anche se questa fosse possibile)."
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