Quest'estate ce ne andiamo a Danzica. Nella città polacca che in passato è stata prussiana, ha goduto di un governo autonomo, è stata occupata dal terzo reich per tornare infine alla Polonia, si svolgono le vicende del libro che ho appena letto con grande piacere. Il Tamburo di latta di Gunter Grass è un'opera importante, densa, lunga, ma veramente deliziosa. Essa narra le vicende di un piccolo tamburino che reagisce a suo modo nei confronti dei tristi fenomeni storici del novecento. Decide di non crescere piu' : "I don't wonna grow up" come nella canzone di Tom Waits. Oscar Matzerath a tre anni smette di aumentare la sua statura, ma non la sua materia cerebrale. L'altra sua arma contro le convenzioni della società borghese è il tamburino che rullato a dovere riesce a rompere i vetri delle case, delle scuole, delle chiese. Nel libro si scorrono pagine di storia, attraverso un mondo fatto di fantasia, visionarietà, metafora, frutto di una mente di grande genialità. Rimangono impresse, grazie al loro potere evocativo, le svariate immagini simboliche di cui rigurgita l'opera. Come non ricordare le quattro gonne della nonna, la statua di Gesù bambino col tamburino al collo, l'eroica difesa della posta polacca, la Cantina delle Cipolle, le partite a skat,il cimitero di Saspe, il negozio di generi coloniali, la testa di cavallo con le anguille dentro, la cuoca nera. Restano impressi anche i personaggi tutti fortemente caratterizzati dalla mamma adultera ai due padri Matzerat e Jan Bronski, e poi Shugger Leo, Herbert Truckczinski e le sue cicatrici, Bebra discendente del principe Eugenio, fino alle amanti, l'esperta signora Gretchen, la piccola Raguna, e l'amore della vita Maria. Un intero album fotografico di caratteri, odori, colori differenti. I sensi sono coinvolti globalmente nella lettura, e dopo qualche senso iniziale di straniamento ci si lascia coinvolgere da questa favola storica. Non è un caso che vi abbiano tratto un film di successo, la pellicola è già impressa dopo una lettura. Il tamburo di latta non è una passeggiata per la complessità del racconto, lo stile un pò barocco, ma dopo un pò ci si appassiona. Ci si affeziona a Oskar, ai suoi eccessi, alla sua dolcezza, alla sua ironia, al suo modo di vedere il mondo. Oscar è un comico, un satiro, un folletto cattivo, un amante lussurioso, un bambino incompreso, un rivoluzionario, è un eroe del nostro tempo. La lettura di questo romanzo non lascia affatto indifferenti. Consigliatissimo.
Concludo con qualche passaggio :
il tamburo dei tre anni :
[...] mi attenni al tamburo, e dal mio terzo compleanno in poi non crebbi di un dito, rimasi il bambino di tre anni, ma anche il tre volte furbo, che tutti gli adulti sorpassavano in altezza, ma che a tutti gli adulti doveva essere tanto superiore, che non avrebbe voluto misurare neanche la propria ombra con la loro, che di mente e di corpo era ormai un uomo fatto, mentre quelli ancora da vegliardi dovevano preoccuparsi del loro sviluppo, che non faceva altro che farsi confermare quello che essi a fatica e spesso dolorosamente dovevano sperimentare, che di anno in anno non aveva bisogno di scarpe e di calzoni più grandi per dimostrare che qualcosa in lui cresceva."dolce con Maria
"Ascolta, Maria ti faccio una bella proposta: potrei comprarmi un compasso e tracciare un cerchio attorno a noi, misurare col medesimo compasso l'inclinazione del tuo collo mentre tu leggi, cuci, o, come adesso, giri la manopola della mia radio portatile. [...] Una bella proposta: potrei farmi vaccinare gli occhi ed essi verserebbero ancora qualche lacrima. Volentieri Oskar pregherebbe il macellaio qui all'angolo di passargli il cuore nel tritacarne se tu facessi altrettanto della tua anima. Potremmo anche comperarci un animale di stoppa e porlo tra noi due, lieti di vederlo stare tranquillo. Se mi procurassi dei lombrichi e tu avessi pazienza, potremmo andare a pescare ed essere felici. O la polverina effervescente di quella volta...ti ricordi? Tu mi chiami asperula, io divento effervescente, tu chiedi ancora di me e io ti accontento - la polverina, Maria, una bella proposta!"la mitica Cantina delle Cipolle
Ma nella cantina di Schmuh non c'erano né le une né l'altro, non c'era niente da mangiare, e chi voleva mangiare qualcosa doveva andare altrove, al "Pesciolino" per esempio, e non nella "Cantina delle Cipolle," perché lì si affettavano soltanto cipolle. E perché? Perché la cantina si chiamava così ed era qualcosa di speciale, perché le cipolle, le cipolle affettate, a ben guardare ...
No, i clienti di Schmuh, o almeno alcuni di essi, non vedevano più niente, i loro occhi straripavano, e non perché avessero i cuori così gonfi; perché non è detto che gli occhi debbano straripare quando il cuore è gonfio: molti non ci arrivano mai, specialmente da qualche decennio in qua, e perciò il nostro secolo verrà chiamato in futuro il secolo senza lacrime, benché vi sia ovunque tanta sofferenza.
E proprio per questa carenza di lacrime la gente che poteva permetterselo andava nella cantina di Schmuh. Si faceva servire dal padrone una tavoletta - maiale o pesce - e un coltello da cucina per ottanta pfennig, e una volgare cipolla da cucina di giardino o di campo per dodici marchi, la tagliava sempre più piccola, finché il succo produceva il suo effetto. Quale effetto? Quello che il mondo e il dolore del mondo non producevano più: la rotonda lacrima umana. Allora si piangeva. Si tornava finalmente a piangere. Si piangeva con decenza, si piangeva senza inibizioni, si piangeva sfrenatamente. Il flusso scorreva e dilagava. Arrivava la pioggia. Cadeva la rugiada. A Oskar venivano in mente chiuse che si aprivano. Dighe infrante dall'alta marea. Ma come si chiama quel fiume che straripa ogni anno, senza che il governo ci faccia niente?
E, dopo il fenomeno naturale da dodici marchi e ottanta, l'uomo che ha esaurito le sue lacrime parla. Ancora esitanti, stupiti dei loro nudo linguaggio, i clienti della "Cantina," dopo la degustazione delle cipolle, si abbandonavano ai loro vicini, sulle scomode casse dalla fodera ruvida, si lasciavano interrogare, rivoltare come cappotti.
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