Accanto alla Tigre di Lorenzo Pavolini
C'è un libello che mi è stato prestato e che ha avuto anche apprezzamenti nei premi letterari estivi, ed ha appagato in parte la mia curiosità sul mondo del neofascismo. Mi sono sempre chiesto che cosa ci trovano alcuni ragazzi nel mondo cupo e tetro del ventennio ed in che maniera vorrebbero replicare ai tempi odierni quelle antiche orribili situazioni. Ho conosciuto anche persone non balorde, la maggior parte sono balorde per la verità, che hanno queste passioni politiche. Dopotutto bisogna conoscere prima di giudicare no! Anzi bisogna conoscere e basta perchè ciò che ci interessa è capire la società ed i suoi movimenti. Pavolini fu il numero due di Salò, uno degli ultimi fedeli al Duce, appeso anch'egli a Piazzale Loreto, ma fu anche l'anima culturale dei gerarchi. Pavolini è anche Lorenzo, nipote inconsapevole di tale famoso nonno. La sua è dunque una ricerca familiare, alla scoperta della componente "nera" del suo sangue ma è anche un approfondimento sul neofascismo di oggi. Si parte da Colle Oppio, Esquilino, dove abita lo scrittore e dove è situata Casa Pound. Questa comunità di "estremisti" con i loro manifesti, le loro scritte sui muri ha destato anche la mia attenzione, visto che ho abitato nelle vicinanze. Ho condiviso con lo scrittore le sensazioni di curiosità ed interesse per le loro iniziative e per i loro simboli. Ed una imboscata nelle loro conferenze allargate l'avrei fatta volentieri, non credo sia tutto da buttare. Tornando al libro c'è la rivisitazione della Firenze anni '30 con grandi intellettuali di stampo borghesi, ambiente nel quale si forma e diventa punta di diamante Alessandro Pavolini fino a fondare una rivista importante "Il Bargello" ed il Maggio Fiorentino. Non si riesce a capire come sia possibile una virata così netta verso la retorica fascista ed un mantenimento di tale rotta fino alla fine, fino alla morte sempre a "cavallo della tigre". Lorenzo ci racconta inoltre tanti episodi personali, tanti incontri con persone, tante letture, che lo aiutano a capire, a conoscere e lo fa con una scrittura romanzesca e piacevole, coinvolgendoci e incuriosendoci. Storia e ideologia, intimismo e dialogo. Un bel libercolo!
26.7.10
22.7.10
Criminalità e Stato
Festa SEL con dibattito sulla mafia
D'estate si sa ci sono sagre, feste paesane, feste patronali, religiose, e di partito. In ogni caso si mangia, si beve, si ascolta musica, si balla e, se proprio si vuole, si partecipa a messe o dibattiti. Abbiamo scoperto nella tranquilla e vicina Villa Gordiani, che amo già perchè rientra in uno dei miei percorsi podistici, la festa locale di Sinistra e Libertà. In una calda serata estiva di luglio, in un parco del genere si sta bene e si gode di una certa arietta fresca ed inoltre i volontari del partito, come le vecchie feste dell'unità hanno insegnato, preparano carne alla brace ed altre specialità culinarie che insieme alla visita degli stand ti fanno passare una serata alternativa. Dal depliant informativo scopriamo un evento interessante a breve con Nichi Vendola, il procuratore Caselli e Francesco Forgione, ovviamente si parla di mafia. Torniamo dunque la settimana successiva, ma stavolta le persone sono tante, c'è una ressa incredibile per mangiare e non si trovano tavoli. La festa non è calibrata per un evento di così importante spessore, ma ci si adatta. C'è uno spiegamento di forze di polizia attorno al procuratore, che lo guarda e lo protegge : certo che vivere così tutti i giorni non ti permette di dimenticare qual'è la tua professione ; in questo caso non è piu' solo una professione ma è la vita completa. I tre mangiano in un tavolo vicino al nostro e li osserviamo in gesti comuni quali tagliare una bistecca o inforcare un piatto di pasta. A noi il pasto arriva molto piu' tardi, i "camerieri" perdono la bussola. Ma non importa, veniamo al dibattito che è molto appassionante poichè dai conferenzieri fuoriesce passione e sentimento, è facile esserne coinvolti. L'argomento è la criminalità organizzata ed il suo rapporto con lo stato che già di per sè è intrigante. E i nostri non si risparmiano. Si parla di Andreotti, di decreto di legge sulle intercettazioni, di “verità condivise” sulle stragi, dello stato attuale della Magistratura. Caselli spiega perché la giustizia è lenta ; sono stati ridotti del trenta per cento i cancellieri, molti processi sono rinviati per cavilli allucinanti, ne racconta alcuni molto esemplificativi, che rendono facile rimandare ad oltranza il processo. Ironizza sul fatto che questa condizione della giustizia sia voluta per interessi di politici o uomini di potere. Conclude "La mafia non è ancora altro da noi” Un discorso di grande fascino ma che rivela la grande fragilità dei magistrati in questa che sembra una lotta contro i mulini a vento. Vendola parla di militanza del politico contro la mafia, racconta la sua esperienza tra le strade e i paesi della Sicilia, l'amicizia con Forgione e con Caselli e ricorda uomini come Peppino Impastato, parla invece della Moratti che "si è stupita quando ha scoperto che la ‘Ndragheta era ormai radicata nella sua città!”. Ribadisce che la mafia è anzitutto una cultura e via dicendo. Discorsi che in televisione abbiamo sentito molte volte e con i quali ci siamo sentiti d'accordo, ma che qui in questa sera d'estate riprendono vigore e danno forza. Sognare si può
D'estate si sa ci sono sagre, feste paesane, feste patronali, religiose, e di partito. In ogni caso si mangia, si beve, si ascolta musica, si balla e, se proprio si vuole, si partecipa a messe o dibattiti. Abbiamo scoperto nella tranquilla e vicina Villa Gordiani, che amo già perchè rientra in uno dei miei percorsi podistici, la festa locale di Sinistra e Libertà. In una calda serata estiva di luglio, in un parco del genere si sta bene e si gode di una certa arietta fresca ed inoltre i volontari del partito, come le vecchie feste dell'unità hanno insegnato, preparano carne alla brace ed altre specialità culinarie che insieme alla visita degli stand ti fanno passare una serata alternativa. Dal depliant informativo scopriamo un evento interessante a breve con Nichi Vendola, il procuratore Caselli e Francesco Forgione, ovviamente si parla di mafia. Torniamo dunque la settimana successiva, ma stavolta le persone sono tante, c'è una ressa incredibile per mangiare e non si trovano tavoli. La festa non è calibrata per un evento di così importante spessore, ma ci si adatta. C'è uno spiegamento di forze di polizia attorno al procuratore, che lo guarda e lo protegge : certo che vivere così tutti i giorni non ti permette di dimenticare qual'è la tua professione ; in questo caso non è piu' solo una professione ma è la vita completa. I tre mangiano in un tavolo vicino al nostro e li osserviamo in gesti comuni quali tagliare una bistecca o inforcare un piatto di pasta. A noi il pasto arriva molto piu' tardi, i "camerieri" perdono la bussola. Ma non importa, veniamo al dibattito che è molto appassionante poichè dai conferenzieri fuoriesce passione e sentimento, è facile esserne coinvolti. L'argomento è la criminalità organizzata ed il suo rapporto con lo stato che già di per sè è intrigante. E i nostri non si risparmiano. Si parla di Andreotti, di decreto di legge sulle intercettazioni, di “verità condivise” sulle stragi, dello stato attuale della Magistratura. Caselli spiega perché la giustizia è lenta ; sono stati ridotti del trenta per cento i cancellieri, molti processi sono rinviati per cavilli allucinanti, ne racconta alcuni molto esemplificativi, che rendono facile rimandare ad oltranza il processo. Ironizza sul fatto che questa condizione della giustizia sia voluta per interessi di politici o uomini di potere. Conclude "La mafia non è ancora altro da noi” Un discorso di grande fascino ma che rivela la grande fragilità dei magistrati in questa che sembra una lotta contro i mulini a vento. Vendola parla di militanza del politico contro la mafia, racconta la sua esperienza tra le strade e i paesi della Sicilia, l'amicizia con Forgione e con Caselli e ricorda uomini come Peppino Impastato, parla invece della Moratti che "si è stupita quando ha scoperto che la ‘Ndragheta era ormai radicata nella sua città!”. Ribadisce che la mafia è anzitutto una cultura e via dicendo. Discorsi che in televisione abbiamo sentito molte volte e con i quali ci siamo sentiti d'accordo, ma che qui in questa sera d'estate riprendono vigore e danno forza. Sognare si può
18.7.10
Letto da grandi è tutta un'altra cosa
Le avventure di Pinocchio di Collodi
Ad un certo punto della mia vita mi sono accorto di non aver letto mai per intero "Le avvventure di Pinocchio. Avevo visto lo sceneggiato televisivo, i vari cartoni animati, posseduto un Pinocchio di gomma con luce incorporata, ma non ricordo di aver avuto il libro tra le mani. Sicuramente ricordo ammonimenti ricevuti da piccolo del tipo "Non dire bugie altrimenti ti cresce il naso come Pinocchio!" e via di seguito. Pinocchio è alla base dell'educazione della mia generazione, ma non ha avuto molto effetto : i bambini buoni e ubbidienti erano già pochi all'epoca e col tempo se ne sono persi molti altri. Diciamo che solo i piu' ingenui sono stati traviati dal burattino di legno, ma non è un grosso male che ci sia ancora chi non racconta menzogne a causa di letture giovanili. Il libro "Le avventure di Pinocchio", scritto da Collodi, è altro dall'immagine edulcorata della versione disneyana che se n'è impadronita; esso è in realtà un libro per grandi con assassini, ladri, morti e colpi di scena che farebbero impallidire anche Tarantino. Ed una delle frasi storiche del mio professore di matematica del liceo era proprio questa " Pinocchio letto da grandi è tutta un'altra cosa". Il primo livello di lettura, quello della storia in sè è proprio piacevole: favola, magia, scoperta, fantasia, noir. Personaggi meravigliosi tra l'umano e l'animale come il grillo parlante, Mangiafuoco, Lucignolo, la Bella Bambina dai Capelli Turchini, il Gatto e la Volpe, il giudice Acchiappacitrulli, il pescecane (che non è una "balena"). Luoghi del subconscio come il Gran Teatro dei Burattini, il Campo dei Miracoli, l'osteria del Gambero Rosso, il paese delle Api industriose, il mitico Paese dei Balocchi. Per il resto gli sono state affibiate le letture piu' disparate, le piu' assurde da quella ovvia pedagogica a quelle psicologiche, politiche o religiose che non fanno altro che confermare la peculiarità dell'opera. Pinocchio è anche un simbolo disincato di ribellione ai canoni della società ottocentesca, che viene sì piegato, ma che ci prova in ogni modo. Per l'infanzia invece credo sia un pò inadeguato, troppo inquietante e troppo strumentalizzato. A tutto ciò aggiungiamo una citazione delle illustrazioni originali di Mazzanti che danno un contributo quasi "gotico" al racconto. Per finire come non ricordare Calvino che parlava di ritmo e sintassi delle immagini e metamorfosi che fanno sì che ogni episodio segua l'altro in una concatenazione propulsiva, o della duttilità con cui il romanzo si offre alla perpetua collaborazione del lettore. Questo ha dato un successo internazionale al libro.
Ad un certo punto della mia vita mi sono accorto di non aver letto mai per intero "Le avvventure di Pinocchio. Avevo visto lo sceneggiato televisivo, i vari cartoni animati, posseduto un Pinocchio di gomma con luce incorporata, ma non ricordo di aver avuto il libro tra le mani. Sicuramente ricordo ammonimenti ricevuti da piccolo del tipo "Non dire bugie altrimenti ti cresce il naso come Pinocchio!" e via di seguito. Pinocchio è alla base dell'educazione della mia generazione, ma non ha avuto molto effetto : i bambini buoni e ubbidienti erano già pochi all'epoca e col tempo se ne sono persi molti altri. Diciamo che solo i piu' ingenui sono stati traviati dal burattino di legno, ma non è un grosso male che ci sia ancora chi non racconta menzogne a causa di letture giovanili. Il libro "Le avventure di Pinocchio", scritto da Collodi, è altro dall'immagine edulcorata della versione disneyana che se n'è impadronita; esso è in realtà un libro per grandi con assassini, ladri, morti e colpi di scena che farebbero impallidire anche Tarantino. Ed una delle frasi storiche del mio professore di matematica del liceo era proprio questa " Pinocchio letto da grandi è tutta un'altra cosa". Il primo livello di lettura, quello della storia in sè è proprio piacevole: favola, magia, scoperta, fantasia, noir. Personaggi meravigliosi tra l'umano e l'animale come il grillo parlante, Mangiafuoco, Lucignolo, la Bella Bambina dai Capelli Turchini, il Gatto e la Volpe, il giudice Acchiappacitrulli, il pescecane (che non è una "balena"). Luoghi del subconscio come il Gran Teatro dei Burattini, il Campo dei Miracoli, l'osteria del Gambero Rosso, il paese delle Api industriose, il mitico Paese dei Balocchi. Per il resto gli sono state affibiate le letture piu' disparate, le piu' assurde da quella ovvia pedagogica a quelle psicologiche, politiche o religiose che non fanno altro che confermare la peculiarità dell'opera. Pinocchio è anche un simbolo disincato di ribellione ai canoni della società ottocentesca, che viene sì piegato, ma che ci prova in ogni modo. Per l'infanzia invece credo sia un pò inadeguato, troppo inquietante e troppo strumentalizzato. A tutto ciò aggiungiamo una citazione delle illustrazioni originali di Mazzanti che danno un contributo quasi "gotico" al racconto. Per finire come non ricordare Calvino che parlava di ritmo e sintassi delle immagini e metamorfosi che fanno sì che ogni episodio segua l'altro in una concatenazione propulsiva, o della duttilità con cui il romanzo si offre alla perpetua collaborazione del lettore. Questo ha dato un successo internazionale al libro.
C'era una volta...
- Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.
Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome mastr'Antonio, se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura.
6.7.10
Tamburino antinazista
Il tamburo di latta di Gunther Grass
Quest'estate ce ne andiamo a Danzica. Nella città polacca che in passato è stata prussiana, ha goduto di un governo autonomo, è stata occupata dal terzo reich per tornare infine alla Polonia, si svolgono le vicende del libro che ho appena letto con grande piacere. Il Tamburo di latta di Gunter Grass è un'opera importante, densa, lunga, ma veramente deliziosa. Essa narra le vicende di un piccolo tamburino che reagisce a suo modo nei confronti dei tristi fenomeni storici del novecento. Decide di non crescere piu' : "I don't wonna grow up" come nella canzone di Tom Waits. Oscar Matzerath a tre anni smette di aumentare la sua statura, ma non la sua materia cerebrale. L'altra sua arma contro le convenzioni della società borghese è il tamburino che rullato a dovere riesce a rompere i vetri delle case, delle scuole, delle chiese. Nel libro si scorrono pagine di storia, attraverso un mondo fatto di fantasia, visionarietà, metafora, frutto di una mente di grande genialità. Rimangono impresse, grazie al loro potere evocativo, le svariate immagini simboliche di cui rigurgita l'opera. Come non ricordare le quattro gonne della nonna, la statua di Gesù bambino col tamburino al collo, l'eroica difesa della posta polacca, la Cantina delle Cipolle, le partite a skat,il cimitero di Saspe, il negozio di generi coloniali, la testa di cavallo con le anguille dentro, la cuoca nera. Restano impressi anche i personaggi tutti fortemente caratterizzati dalla mamma adultera ai due padri Matzerat e Jan Bronski, e poi Shugger Leo, Herbert Truckczinski e le sue cicatrici, Bebra discendente del principe Eugenio, fino alle amanti, l'esperta signora Gretchen, la piccola Raguna, e l'amore della vita Maria. Un intero album fotografico di caratteri, odori, colori differenti. I sensi sono coinvolti globalmente nella lettura, e dopo qualche senso iniziale di straniamento ci si lascia coinvolgere da questa favola storica. Non è un caso che vi abbiano tratto un film di successo, la pellicola è già impressa dopo una lettura. Il tamburo di latta non è una passeggiata per la complessità del racconto, lo stile un pò barocco, ma dopo un pò ci si appassiona. Ci si affeziona a Oskar, ai suoi eccessi, alla sua dolcezza, alla sua ironia, al suo modo di vedere il mondo. Oscar è un comico, un satiro, un folletto cattivo, un amante lussurioso, un bambino incompreso, un rivoluzionario, è un eroe del nostro tempo. La lettura di questo romanzo non lascia affatto indifferenti. Consigliatissimo.
Concludo con qualche passaggio :
il tamburo dei tre anni :
Quest'estate ce ne andiamo a Danzica. Nella città polacca che in passato è stata prussiana, ha goduto di un governo autonomo, è stata occupata dal terzo reich per tornare infine alla Polonia, si svolgono le vicende del libro che ho appena letto con grande piacere. Il Tamburo di latta di Gunter Grass è un'opera importante, densa, lunga, ma veramente deliziosa. Essa narra le vicende di un piccolo tamburino che reagisce a suo modo nei confronti dei tristi fenomeni storici del novecento. Decide di non crescere piu' : "I don't wonna grow up" come nella canzone di Tom Waits. Oscar Matzerath a tre anni smette di aumentare la sua statura, ma non la sua materia cerebrale. L'altra sua arma contro le convenzioni della società borghese è il tamburino che rullato a dovere riesce a rompere i vetri delle case, delle scuole, delle chiese. Nel libro si scorrono pagine di storia, attraverso un mondo fatto di fantasia, visionarietà, metafora, frutto di una mente di grande genialità. Rimangono impresse, grazie al loro potere evocativo, le svariate immagini simboliche di cui rigurgita l'opera. Come non ricordare le quattro gonne della nonna, la statua di Gesù bambino col tamburino al collo, l'eroica difesa della posta polacca, la Cantina delle Cipolle, le partite a skat,il cimitero di Saspe, il negozio di generi coloniali, la testa di cavallo con le anguille dentro, la cuoca nera. Restano impressi anche i personaggi tutti fortemente caratterizzati dalla mamma adultera ai due padri Matzerat e Jan Bronski, e poi Shugger Leo, Herbert Truckczinski e le sue cicatrici, Bebra discendente del principe Eugenio, fino alle amanti, l'esperta signora Gretchen, la piccola Raguna, e l'amore della vita Maria. Un intero album fotografico di caratteri, odori, colori differenti. I sensi sono coinvolti globalmente nella lettura, e dopo qualche senso iniziale di straniamento ci si lascia coinvolgere da questa favola storica. Non è un caso che vi abbiano tratto un film di successo, la pellicola è già impressa dopo una lettura. Il tamburo di latta non è una passeggiata per la complessità del racconto, lo stile un pò barocco, ma dopo un pò ci si appassiona. Ci si affeziona a Oskar, ai suoi eccessi, alla sua dolcezza, alla sua ironia, al suo modo di vedere il mondo. Oscar è un comico, un satiro, un folletto cattivo, un amante lussurioso, un bambino incompreso, un rivoluzionario, è un eroe del nostro tempo. La lettura di questo romanzo non lascia affatto indifferenti. Consigliatissimo.
Concludo con qualche passaggio :
il tamburo dei tre anni :
[...] mi attenni al tamburo, e dal mio terzo compleanno in poi non crebbi di un dito, rimasi il bambino di tre anni, ma anche il tre volte furbo, che tutti gli adulti sorpassavano in altezza, ma che a tutti gli adulti doveva essere tanto superiore, che non avrebbe voluto misurare neanche la propria ombra con la loro, che di mente e di corpo era ormai un uomo fatto, mentre quelli ancora da vegliardi dovevano preoccuparsi del loro sviluppo, che non faceva altro che farsi confermare quello che essi a fatica e spesso dolorosamente dovevano sperimentare, che di anno in anno non aveva bisogno di scarpe e di calzoni più grandi per dimostrare che qualcosa in lui cresceva."dolce con Maria
"Ascolta, Maria ti faccio una bella proposta: potrei comprarmi un compasso e tracciare un cerchio attorno a noi, misurare col medesimo compasso l'inclinazione del tuo collo mentre tu leggi, cuci, o, come adesso, giri la manopola della mia radio portatile. [...] Una bella proposta: potrei farmi vaccinare gli occhi ed essi verserebbero ancora qualche lacrima. Volentieri Oskar pregherebbe il macellaio qui all'angolo di passargli il cuore nel tritacarne se tu facessi altrettanto della tua anima. Potremmo anche comperarci un animale di stoppa e porlo tra noi due, lieti di vederlo stare tranquillo. Se mi procurassi dei lombrichi e tu avessi pazienza, potremmo andare a pescare ed essere felici. O la polverina effervescente di quella volta...ti ricordi? Tu mi chiami asperula, io divento effervescente, tu chiedi ancora di me e io ti accontento - la polverina, Maria, una bella proposta!"la mitica Cantina delle Cipolle
Ma nella cantina di Schmuh non c'erano né le une né l'altro, non c'era niente da mangiare, e chi voleva mangiare qualcosa doveva andare altrove, al "Pesciolino" per esempio, e non nella "Cantina delle Cipolle," perché lì si affettavano soltanto cipolle. E perché? Perché la cantina si chiamava così ed era qualcosa di speciale, perché le cipolle, le cipolle affettate, a ben guardare ...
No, i clienti di Schmuh, o almeno alcuni di essi, non vedevano più niente, i loro occhi straripavano, e non perché avessero i cuori così gonfi; perché non è detto che gli occhi debbano straripare quando il cuore è gonfio: molti non ci arrivano mai, specialmente da qualche decennio in qua, e perciò il nostro secolo verrà chiamato in futuro il secolo senza lacrime, benché vi sia ovunque tanta sofferenza.
E proprio per questa carenza di lacrime la gente che poteva permetterselo andava nella cantina di Schmuh. Si faceva servire dal padrone una tavoletta - maiale o pesce - e un coltello da cucina per ottanta pfennig, e una volgare cipolla da cucina di giardino o di campo per dodici marchi, la tagliava sempre più piccola, finché il succo produceva il suo effetto. Quale effetto? Quello che il mondo e il dolore del mondo non producevano più: la rotonda lacrima umana. Allora si piangeva. Si tornava finalmente a piangere. Si piangeva con decenza, si piangeva senza inibizioni, si piangeva sfrenatamente. Il flusso scorreva e dilagava. Arrivava la pioggia. Cadeva la rugiada. A Oskar venivano in mente chiuse che si aprivano. Dighe infrante dall'alta marea. Ma come si chiama quel fiume che straripa ogni anno, senza che il governo ci faccia niente?
E, dopo il fenomeno naturale da dodici marchi e ottanta, l'uomo che ha esaurito le sue lacrime parla. Ancora esitanti, stupiti dei loro nudo linguaggio, i clienti della "Cantina," dopo la degustazione delle cipolle, si abbandonavano ai loro vicini, sulle scomode casse dalla fodera ruvida, si lasciavano interrogare, rivoltare come cappotti.
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