La nostra vita di Daniele Lucchetti
Ancora una volta un bel film di Lucchetti. Ci piace sempre quest'autore che ha sempre uno sguardo sincero sulla realtà che rappresenta. Questa volta si sposta nella nuova periferia urbana, la Roma di Ponte di Nona, un quartiere enorme nato in pochi anni attorno ad un centro commerciale. Un quartiere di case nuove neanche troppo brutte che non può far di certo pensare alle degradate periferie del dopoguerra, ma di quelle conserva la lontananza con la centralità amministrativa. Difatti qui non c'è una scuola, una fermata del treno, una caserma dei carabinieri e raggiungere Roma è impegnativo. La città, a causa della speculazione edilizia, si svuota, alimentando questi nuovi quartieri senza servizi. "La nostra vita" oltre a ciò osserva la condizione del lavoro in questi grandi cantieri, popolati di imprenditori senza scrupoli e lavoratori, in gran parte extracomunitari, sfruttati. In questo contesto si installa la storia del bravissimo Elio Germano alle prese con una tragedia immane. Tutto viene sconvolto, il lavoro, la famiglia, il rapporto con gli altri. Ma la vita va avanti ed in qualche modo bisogna pur campare. L'iniziale traccia di commedia proletaria, c'è qualche battuta, si fa qualche risata, lascia spazio ad un film duro da digerire e forte da vivere. E il regista riesce a non far sentire troppo la sua mano, lasciandoci vivere la realtà cosi com'è, senza tesi precostituite da proporre. Molto bravi tutti gli attori, utilizzati a volte in ruoli per loro atipici, come Raoul Bova alle prese con un giovanotto timido, con difficoltà nell'approccio con l'altro sesso, o Luca Zingaretti in quello di un simpatico usuraio disabile, alla sempre brava Ragonese che purtroppo termina subito la sua parte, fino al bravissimo ragazzo rumeno che ha un personaggio chiave nella storia. Attraverso gli occhi di questo giovane, che conserva uno sguardo puro sul mondo, si ha un punto di vista piu' umano e meno corrotto dallo stile di vita moderno. Una speranza per il futuro.
31.5.10
24.5.10
Architettura fascista
Visita all'Inps e all'Eur
Ogni volta che arrivo all'Eur provo un'emozione. Dopo l'ultima curva della Cristoforo Colombo che anticipa piazza Marconi si apre uno scenario di grande impatto. Le bianche costruzioni che si ingrandiscono a mano a mano che ci avviciniamo sono un set cinematografico ideale. Questa volta non andiamo al Palazzo dei Congressi come ci capita ad esempio a marzo, per l'iscrizione alla maratona di Roma o a dicembre, per la fiera della piccola e media editoria. La scusa di questa volta è una speciale visita al palazzo dell'INPS. In questo fine settimana è possibile visitare la sede storica con una collezione di dipinti di proprietà dell'ente. Per la verità queste tele non sono granchè, pezzi del 1963 acquisiti per un concorso per giovani autori e qualche altra opera piu' antica, ma di poco migliore. Quello che ci interessa è la struttura in sè, a livello architettonico. Della visita ricordiamo la sala riunione rotonda con l'ampia vetrata che da su Piazza Marconi, le scale di metallo, le rifiniture con la scritta inps, gli ampi corridoi, i marmi con i bassorilievi presenti all'esterno, ed alcuni interessanti mosaici dell'epoca. E pensare che durante il fascismo si è costruito con un certo criterio e "gusto" che può non piacere, ma ha una sua logica. Se decontestualizziamo le opere del ventennio dimenticandoci del duce (operazione quasi impossibile) le possiamo valutare da un punto di vista estetico urbanistico, osservando il grande rigore formale, la maestosità, la bellezza decadente. Il quartiere dell'esposizione mancata del '42 è il massimo livello dell'architettura razionalista che, già presente in Italia in epoca Giolittiana, sicuramente durante il fascismo ha avuto modo di esplicarsi adeguandosi allo stile celebrativo del regime, ma rimanendo comunque interessante. Non inoltriamoci in diquisizioni tra l'architettura e la storia e la sociologia, ma proseguiamo con la nostra passeggiata, uscendo dalla mostra, attraversando il mercatino di antiquariato allestito davanti all'affascinante palazzo della civiltà e del lavoro. Chi è appassionato di queste chincagliere avrà facilità nel trovare qualche oggettino da incamerare. Noi guardiamo e passiamo oltre, saltando il caffè Palombini, quello dei fighetti, e raggiungendo l'argine interno del laghetto artificiale dell'Eur. Ma fa troppo caldo....
Ogni volta che arrivo all'Eur provo un'emozione. Dopo l'ultima curva della Cristoforo Colombo che anticipa piazza Marconi si apre uno scenario di grande impatto. Le bianche costruzioni che si ingrandiscono a mano a mano che ci avviciniamo sono un set cinematografico ideale. Questa volta non andiamo al Palazzo dei Congressi come ci capita ad esempio a marzo, per l'iscrizione alla maratona di Roma o a dicembre, per la fiera della piccola e media editoria. La scusa di questa volta è una speciale visita al palazzo dell'INPS. In questo fine settimana è possibile visitare la sede storica con una collezione di dipinti di proprietà dell'ente. Per la verità queste tele non sono granchè, pezzi del 1963 acquisiti per un concorso per giovani autori e qualche altra opera piu' antica, ma di poco migliore. Quello che ci interessa è la struttura in sè, a livello architettonico. Della visita ricordiamo la sala riunione rotonda con l'ampia vetrata che da su Piazza Marconi, le scale di metallo, le rifiniture con la scritta inps, gli ampi corridoi, i marmi con i bassorilievi presenti all'esterno, ed alcuni interessanti mosaici dell'epoca. E pensare che durante il fascismo si è costruito con un certo criterio e "gusto" che può non piacere, ma ha una sua logica. Se decontestualizziamo le opere del ventennio dimenticandoci del duce (operazione quasi impossibile) le possiamo valutare da un punto di vista estetico urbanistico, osservando il grande rigore formale, la maestosità, la bellezza decadente. Il quartiere dell'esposizione mancata del '42 è il massimo livello dell'architettura razionalista che, già presente in Italia in epoca Giolittiana, sicuramente durante il fascismo ha avuto modo di esplicarsi adeguandosi allo stile celebrativo del regime, ma rimanendo comunque interessante. Non inoltriamoci in diquisizioni tra l'architettura e la storia e la sociologia, ma proseguiamo con la nostra passeggiata, uscendo dalla mostra, attraversando il mercatino di antiquariato allestito davanti all'affascinante palazzo della civiltà e del lavoro. Chi è appassionato di queste chincagliere avrà facilità nel trovare qualche oggettino da incamerare. Noi guardiamo e passiamo oltre, saltando il caffè Palombini, quello dei fighetti, e raggiungendo l'argine interno del laghetto artificiale dell'Eur. Ma fa troppo caldo....
18.5.10
Consenso e potere
Draquila di Sabina Guzzanti
Ha avuto un tappeto rosso stesogli innanzi dalle polemiche che, dal tempo della preparazione del film fino alle dichiarazioni dell'insulso Bondi, si sono scatenate a riguardo. Ma il successo di Draquila non è solo dovuto al marketing televisivo. Esso è un buon lavoro anche dal punto di vista artistico, oltre che giornalistico e satirico. La Guzzanti ha realizzato un film alla maniera di Michael Moore, cioè un'inchiesta forte, con delle tesi pesanti, chiare, che si leggono spesso sui giornali ma che lei è riuscita a sintetizzare con delle immagini significative. Draquila infatti non è solo un film su L'Aquila e sull'autoritaria gestione del terremoto da parte della protezione civile. La tesi è piu' generale : c'è un sistema di potere instaurato dal presidente del consiglio che attaverso eventi quali il terremoto trova modo per fare affari e allo stesso momento ottenere consenso. Per Berlusconi, il terremoto è stata una manna dal cielo per risalire nei sondaggi dopo il caso Noemi. Inoltre, ancora una volta, si è scatenata la macchina della Protezione civile e sono stati dati «poteri speciali all'uomo speciale» Guido Bertolaso, il braccio operativo del presidente del Consiglio. Efficienza e affari. Tutto senza che i cittadini aquilani siano stati mai stati consultati sul destino proprio e della propria città. Tutte queste tesi sono state ampiamente scritte sui giornali seri, ma riassunte e ordinate, assemblate con sagacia in un film documento che utilizza anche la satira per rendere piu' digeribile l'amara medicina è di importante incisività. E forse la brava artista, che ha spesso le porte chiuse in faccia sul piccolo schermo, ha trovato l'occasione di dire la sua, oltre che una maniera che piu' le si confà per esprimere tutto il suo valore.
Ha avuto un tappeto rosso stesogli innanzi dalle polemiche che, dal tempo della preparazione del film fino alle dichiarazioni dell'insulso Bondi, si sono scatenate a riguardo. Ma il successo di Draquila non è solo dovuto al marketing televisivo. Esso è un buon lavoro anche dal punto di vista artistico, oltre che giornalistico e satirico. La Guzzanti ha realizzato un film alla maniera di Michael Moore, cioè un'inchiesta forte, con delle tesi pesanti, chiare, che si leggono spesso sui giornali ma che lei è riuscita a sintetizzare con delle immagini significative. Draquila infatti non è solo un film su L'Aquila e sull'autoritaria gestione del terremoto da parte della protezione civile. La tesi è piu' generale : c'è un sistema di potere instaurato dal presidente del consiglio che attaverso eventi quali il terremoto trova modo per fare affari e allo stesso momento ottenere consenso. Per Berlusconi, il terremoto è stata una manna dal cielo per risalire nei sondaggi dopo il caso Noemi. Inoltre, ancora una volta, si è scatenata la macchina della Protezione civile e sono stati dati «poteri speciali all'uomo speciale» Guido Bertolaso, il braccio operativo del presidente del Consiglio. Efficienza e affari. Tutto senza che i cittadini aquilani siano stati mai stati consultati sul destino proprio e della propria città. Tutte queste tesi sono state ampiamente scritte sui giornali seri, ma riassunte e ordinate, assemblate con sagacia in un film documento che utilizza anche la satira per rendere piu' digeribile l'amara medicina è di importante incisività. E forse la brava artista, che ha spesso le porte chiuse in faccia sul piccolo schermo, ha trovato l'occasione di dire la sua, oltre che una maniera che piu' le si confà per esprimere tutto il suo valore.
3.5.10
Giovani dentro
Concertone del primo maggio
Il primo maggio è molto adatto alla scampagnata, all'uscita fuori porta, o ad un viaggio di piu' giorni sfruttando, se capita, un ponte. Ma se, per un motivo o per un altro, per noia o per lavoro si rimane in città, una capatina al concertone non è una pessima idea. L'occasione è anche buona per fare due passi dalle parti de via Merulana, quella der Pasticciaccio, o svirgolare un pò verso l'Esquilino. Si va nel tardo pomeriggio che sennò non si regge fino a sera. Fa sempre uno strano effetto tuffarsi in questo mondo fatto di musica che si sente da un chilometro di distanza, da una marea umana che si muove, beve, fuma e fa pipì. Da una parte una serie di furgoncini che riscaldano montagne di panini con salsiccia, nella calca una mandria di ambulanti che si fanno strada energicamente trasportando un carretto di lattine e ghiaccio . Gente ubriaca, fumata, tatuata, inanellata, griffata, quasi tutti ragazzini o poco piu'. L'eccesso è giovane si sa. Si ha il tempo di ascoltare qualche scampolo di un gruppo sconosciuto che si va in pausa. Questa è l'occasione per fuggire un pò dal caos, e se ne sente il bisogno nonostante si stia ai margini della piazza. Rifocillati e ristorati mentalmente si torna al concertone in un'atmosfera che nel frattempo è cambiata. Ci accorgiamo del palco e degli schermi luminosi installati che lo rendono uno dei piu' belli degli ultimi tempi. L'effetto è molto piacevole e il primo artista, Paolo Nutini, canta qualcosa di allegro che rende festosa la serata. A seguire Carmen Consoli che a me non è mai dispiaciuta e dal vivo è sempre brava. Ci guardiamo attorno, l'età media è cresciuta e l'oscurità attenua le differenze. Finalmente i Baustelle, che riescono ad essere orecchiabili e raffinati allo stesso tempo, si inizia a cantare a voce alta. E poi l'exploit di Vinicio Capossela che come sempre allestisce quello che non è un semplice concerto ma una rappresentazione in musica. Coinvolti dalla musica, si salta, si balla, si canta, si suda, ci si emoziona. Una bella serata, peccato che i tram terminano presto il loro servizio.
Il primo maggio è molto adatto alla scampagnata, all'uscita fuori porta, o ad un viaggio di piu' giorni sfruttando, se capita, un ponte. Ma se, per un motivo o per un altro, per noia o per lavoro si rimane in città, una capatina al concertone non è una pessima idea. L'occasione è anche buona per fare due passi dalle parti de via Merulana, quella der Pasticciaccio, o svirgolare un pò verso l'Esquilino. Si va nel tardo pomeriggio che sennò non si regge fino a sera. Fa sempre uno strano effetto tuffarsi in questo mondo fatto di musica che si sente da un chilometro di distanza, da una marea umana che si muove, beve, fuma e fa pipì. Da una parte una serie di furgoncini che riscaldano montagne di panini con salsiccia, nella calca una mandria di ambulanti che si fanno strada energicamente trasportando un carretto di lattine e ghiaccio . Gente ubriaca, fumata, tatuata, inanellata, griffata, quasi tutti ragazzini o poco piu'. L'eccesso è giovane si sa. Si ha il tempo di ascoltare qualche scampolo di un gruppo sconosciuto che si va in pausa. Questa è l'occasione per fuggire un pò dal caos, e se ne sente il bisogno nonostante si stia ai margini della piazza. Rifocillati e ristorati mentalmente si torna al concertone in un'atmosfera che nel frattempo è cambiata. Ci accorgiamo del palco e degli schermi luminosi installati che lo rendono uno dei piu' belli degli ultimi tempi. L'effetto è molto piacevole e il primo artista, Paolo Nutini, canta qualcosa di allegro che rende festosa la serata. A seguire Carmen Consoli che a me non è mai dispiaciuta e dal vivo è sempre brava. Ci guardiamo attorno, l'età media è cresciuta e l'oscurità attenua le differenze. Finalmente i Baustelle, che riescono ad essere orecchiabili e raffinati allo stesso tempo, si inizia a cantare a voce alta. E poi l'exploit di Vinicio Capossela che come sempre allestisce quello che non è un semplice concerto ma una rappresentazione in musica. Coinvolti dalla musica, si salta, si balla, si canta, si suda, ci si emoziona. Una bella serata, peccato che i tram terminano presto il loro servizio.
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