Il divo di Paolo Sorrentino
Andreotti, un mistero. Quanto inchiostro, quanta pellicola, quanta memoria consumate per quest'essere, condiderato, da qualcuno, persino disumano, che è stato sempre, in qualche modo, in qualche ruolo, da qualche parte, al centro degli avvenimenti piu' importanti della sessantenne repubblica italiana. Tra questi una serie di casi inquietanti di cui non conosciamo ancora i mandanti. Dal sequestro e omicidio di Aldo Moro alle morti misteriose di Pecorelli, Calvi, Sindona, Ambrosoli , alle stragi di Stato. Tutto ciò non lascia indifferenti, ne abbiamo viste di inchieste televisive, approfondimenti, da Minoli a Lucarelli, per citare i migliori. Farci un film, chi poteva pensarci se non Sorrentino? Chi altro poteva raccontare le sue abitudini, le sue manie, le ambiguità del personaggio, la sua fine ironia, la sua diabolica pacatezza. Chi altro poteva disegnare così abilmente i protagonisti della corrente : dal lucidissimo ed istrionico Pomicino al fido Franco Evangelisti, al ciociaro Ciarra l'imprenditore amico, allo squalo, il disinvolto Sbardella? Sorrentino ci ha abituato a disegnare personaggi fortemente caratterizzati. E l'Andreotti di questo film è parente dell'amico di Famiglia ma anche del Titta di "Le conseguenze dell'amore". Affini sono le abitudini, le manie di questi personaggi. Qui però ci troviamo di fronte ad un personaggio reale, vissuto e vivente che il regista però dall'alto della sua grande capacità artistica scandisce e rielabora come fosse un personaggio letterario. Grottesco, surreale, gli aggettivi ricorrenti nei commenti della critica e questa è anche la cifra stilistica propria dell'autore che ottimamente si presta a descrivere quello che è un monolite inestricabile. Caso atipico di potente. Il potente di solito appare come un godereccio, uno che si gode la vita, il nostro no. Le scene madri mostrano un Andreotti intimo, che va a dormire presto, che passeggia di prima mattina per raggiungere l'ufficio in una via del Corso vuota contornato dalle sole guardie del corpo o vive le serate in compagnia della cara moglie davanti alla tv magari con Renato Zero che canta "I migliori anni della nostra vita". Vive tra continui mal di testa e turbato dagli incubi ricorrenti per le lettere scritte da Aldo Moro. Il suo potere forse è la sua capacità di resistere al potere mentre tutti gli altri sono già morti.
Che c'è di piu' importante in un film che saper analizzare l'intimo di un uomo specialmente quando quest'uomo raccoglie i segreti di una nazione? Dunque non possiamo che applaudire la decisione della giuria di Cannes di premiarlo.
Wil
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