14.2.11

Vita e pensiero di un grande imperatore romano


Memorie di adriano di M.Yourcenar

Rimanda oggi, rimanda domani, finalmente ho sciolto la mia riserva e mi sono immerso nella lettura di "Memorie di Adriano". Ho dovuto un pò ricredermi rispetto alle mie molte esitazioni preconcettuali. In effetti, prima di leggere qualcosa, ho sempre un'idea dell'opera che mi costruisco, dal titolo, dall'autore, da qualche riferimento esterno ed ovviamente meno informazioni posseggo, piu' il mio preconcetto è campato in aria. "Memorie di Adriano" non mi ispirava per niente. Non è un romanzo, non è un saggio storico, ma un epistolario filosofico costruito addosso ad un personaggio storico. Gli spunti sono diversi, la Storia con la S maiuscola, la biografia di un uomo alla fine della sua esistenza, il suo rapporto con gli altri uomini e con il potere, il suo amore omosessuale. Adriano è immaginato come un attore di teatro, in effetti la trasposizione teatrale si adatta a meraviglia, che entra ed indossa i panni del suo personaggio e lo vive. La ricostruzione è straordinaria, grazie ad una importante ricerca documentale, ma anche e soprattutto della  spiccata sensibilità intellettuale e sentimentale della Yourcenar. Non vi nascondo che il testo andrebbe letto piu' volte poichè non è immediato, o magari letto una sola volta in condizioni ideali (senza interruzioni, ambiente asettico, bibita e massaggio compresi), ma anche dopo una lettura bislacca come la mia si possono trattenere delle buone impressioni. Aiuta molto avere visitato Villa Adriana,  può liberare l'immaginazione dal gravoso compito di individuare il luogo nel quale il protagonista scrive e pensa. Aiuterebbe molto di piu' avere un buon bagaglio di storia imperiale romana dell'età che va da Traiano a Marco Aurelio. Ma la centralità dell'opera sta nell'incontro ravvicinato con l' "animula vagula blandula"  di Adriano, ormai in fin di vita che si trova a fare una resa dei conti con se stesso. Indimenticabili i passi sul suicidio di Antinoo e sul dolore provato da Adriano per la morte dell'amato, l'ammirazione e la perplessità per gli ebrei che preferiscono morire pur di non obbedire all'impero, le scene di caccia, l'evolvere della malattia, l'attesa della propria morte. Di grande intensità. Citiamo qualche passo :
In quell'epoca, nel consolidare la mia felicità, nell'assaporarla, nel valutarla persino, ponevo l'attenzione costante che ho sempre prestata ai particolari più futili delle mie azioni; e che cos'è la stessa voluttà se non un momento di attenzione appassionata del corpo? Qualsiasi felicità è un capolavoro:il minimo errore la falsa, la minima grossolanità la deturpa, la minima insulsaggine la degrada.

La memoria della maggior parte degli uomini è un cimitero abbandonato, dove giacciono senza onori i morti che essi hanno cessato di amare. Ogni dolore prolungato è un insulto al loro oblio.
"Il nostro errore più grande è quello di cercare di destare in ciascuno proprio quelle qualità che non possiede, trascurando di coltivare quelle che ha."
"Fondare biblioteche, è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire."
"Nell'occuparmene, penso spesso alla bella iscrizione che Plotina aveva fatto apporre sulla soglia della biblioteca istituita a sua cura in pieno Foro Traiano:
"La mia opinione su di lui si modificava senza posa, il che accade solo per gli esseri che ci toccano da vicino: gli altri, ci contentiamo di giudicarli alla grossa, e una volta per tutte."

Tutta la vita ero vissuto d'amore e d'accordo col mio corpo; avevo implicitamente contato sulla sua docilità, sulla sua forza. Quest'intima alleanza cominciava ad allentarsi; il mio corpo cessava d'operare d'accordo con la mia volontà, col mio spirito, con quella che bisogna pure ch'io chiami, goffamente, la mia anima; il compagno intelligente d'un tempo, ormai non era più che uno schiavo riluttante alla fatica. Il mio corpo aveva paura di me: sentivo continuamente nel petto la presenza oscura della paura, una morsa che non era ancora dolore, ma il primo passo in quel senso.

Roma sarebbe sfuggita al suo corpo di pietra, e come Stato, come cittadinanza, come Repubblica si sarebbe composta un'immortalità più sicura. Nei paesi ancora barbari, in riva al Reno e al Danubio, sulle sponde del Mare dei Batavi, ogni villaggio difeso da una palizzata di legno mi ricordava la capanna di canne, il mucchio di strame dove dormirono i nostri gemelli sazi del latte della lupa: quelle metropoli future riprodurranno Roma. All'entità fisica delle nazioni e delle razze, agli accidenti della geografia e della storia, alle esigenze disparate degli dei e degli avi, noi avremmo sovrapposto per sempre, pur senza nulla distruggere, l'unità d'una condotta umana, l'empirismo d'una saggia esperienza. Nella più piccola città, ovunque vi siano magistrati intenti a verificare i pesi dei mercanti, a spazzare e illuminare le strade, a opporsi all'anarchia, all'incuria, alle ingiustizie, alla paura, a interpretare le leggi al lume della ragione, lì Roma vivrà. Roma non perirà che con l'ultima città degli uomini.

31.12.10

Il medioevo di Roma

Storia di Roma nel medioevo di Alfonso Gatto


Un tomo di oltre mille pagine, da leggere prima di addormentarsi. Chi crede che non sia il massimo non ha tutti i torti, ma le storie ed i misteri del medioevo nella città eterna sono paragonabili ad un romanzo intrigante. Peccato che nel libro di Alfonso Gatto non siano presenti troppi schemi riassuntivi, cartine, disegni illustrativi che avrebbero aiutato a memorizzare ed a fissare nella mente gli eventi; d'altronde va dato atto che racchiudere mille anni di storia in un solo volume, con un'ampia bibliografia, sia già un'opera immensa. Milleduecentoquindici anni di storia in trenta capitoli. Si va dall'affermazione della religione cristiana nella Roma imperiale e lo sviluppo del potere spirituale e temporale della Chiesa al sacco di Roma del 1527. Se ne fa un ampio quadro politico, religioso, economico, sociale, culturale, edilizio, urbanistico. La trattazione di Ludovico Gatto comincia centocinquant'anni prima dell'inizio "canonico" del Medioevo e termina cinquanta anni dopo la sua fine "ufficiale", poichè l'autore ha ritenuto importante capire l'antefatto e le conseguenze dei mille anni dell'età di mezzo a Roma. L'antefatto serve a comprendere la situazione che porta alla caduta dell'impero Romano a cui si lega l'inizio del Medioevo. Si parte dunque dall'imperatore Costantino, dall'affermazione del Cristianesimo, dallo spostamento della capitale ad oriente, tutto visto dalla prospettiva della città di Roma. Si passa successivamente alla fase di decadenza con il sacco di Alarico fino alla deposizione di Romolo Augustolo ultimo imperatore. Dunque le guerre greco-gotiche e l'affermarsi dell'autorità del papa. La prima parte è molto interessante, poichè l'alto medioevo non è ricco di fonti ed è considerato per questo un periodo oscuro, misterioso, ma Alfonso Gatto ci fornisce ampie ricostruzioni della vita a Roma fino all'anno mille. Interessanti le stime, forse impossibili, del numero di abitanti in città che io amo in particolar modo; esse danno un contributo importante a immaginare questo scorcio di passato. Vi si ritrovano cenni di urbanistica, chiese e monumenti costruiti o ricostruiti, e di vita sociale, nonchè cronache di delitti e cronache amorose. Episodi simbolo di questi anni sono ad esempio il papato di Gregorio Magno e il miracolo della peste, il conflitto fra il papato e i bizantini nel seicento, l'incoronazione di Carlo Magno nella notte di Natale dell'ottocento, il papa Formoso che fu processato da morto rivestito degli abiti sacri, la pornocrazia romana periodo nel quale i papi furono sotto l'influenza di donne corrotte, in particolare Teodora e sua figlia Marozia, il dominio della famiglia dei Crescenzi a Roma. Questo libro rivela queste vicende a chi non le sa, e per gli altri di certo le arricchisce di particolari. Avvincente poi è ritrovare i luoghi di cui si è letto attraverso una visita sul posto. Molto del medioevo a Roma è andato perduto, ma se ne conserva pur sempre, anche se si divulga poco, una gran parte. Tornando alle vicende del libro si prosegue con i secoli successivi al mille con il potere dei papi, sempre in primo piano, la lotta per le investiture, la cattività avignonese, Cola di Rienzo, le famiglie piu' ricche che si contendono i papi, fino al cinquecento, al sacco di Carlo V. La storia si può imparare con wikipedia ma una bella letta a qualche libro aiuta e fa passare il tempo



15.12.10

Curiosare i lavori in corso

Visita ai "Cantieri aperti" della Metro C

Assecondando una delle mie grandi passioni mi sono aggregato a gruppi di anziani, genitori con bambini, ed utenti occasionali alla manifestazione dal nome "Cantieri Aperti". Organizzata dalle ditte che stanno svolgendo i lavori delle nuove metropolitane C e B1, l'incontro è volto ad illustrare l'avanzamento della costruzione di queste grandi opere. Data la mia perversa passione per i lavori in corso e per l'avanzamento lavori, a Centocelle poi, non potevo mancare. Devo infatti ammettere che tra le mie passioni c'è quella di curiosare i siti come romametropolitane.it o metrocspa.it che danno ampi ragguagli sulle opere effettuate e su quelle in corso, con tanto di foto e schemini. Ogni mese aspetto l'aggiornamento delle immagini, i nuovi tratti di galleria scavati, ed i nuovi tempi di fine lavori. Mi piace verificare anche con sguardi rapidi ai cantieri del mio quartiere o della città, ma è sempre molto difficile, si ruba solo qualche dettaglio. Questa volta ho il tempo di approfondire, c'è l'esperienza di qualche tecnico che ti da delle notizie impossibili da reperire altrove, c'è un bel video che racconta la storia dei lavori, c'è il balcone che si affaccia su trenta metri di scavi, c'è l'anteprima dell'atrio della nuova stazione Mirti. Meno pericoloso di cantine aperte, cantieri aperti è stata un'esperienza davvero emozionante.

9.12.10

Ci piace l'arte contemporanea?

Visita al Maxxi

Finalmente. Avevo una grossa curiosità di entrare in questo posto per constatare se ne valesse la pena o se fosse solo un'occasione di intrattenimento modaiolo o radical-chic. Da un pò di tempo leggevo di code alla biglietteria, di dati interessanti sulle presenze. Come sempre è meglio aspettare, tanto il Maxxi non scappa, al massimo cambia qualche esposizione temporanea, ma non sono così esperto da avere preferenze verso l'uno o l'altro artista. Giunge l'occasione buona e l'orario buono (a cavallo del pranzo). Il quartiere già di per sè è interessante e questa serie di linee strane che ne rompono l'armonia è davvero divertente. Secondo me "divertente" è l'aggettivo giusto, l'impatto con questo monumento alternativo mette allegria. Ci si ritrova gioiosamente spiazzati, come un bimbo davanti ad un parco giochi. Entrando poi non si sa dove volgere lo sguardo. Tubi appesi, scale assurde, strane composizioni ed ampi spazi da esplorare. Non è chiaro come muoversi, non c'è un percorso guidato, ma troviamo le descrizioni delle installazioni piu' importanti. Pian pianino ci orizzontiamo e prendiamo coraggio. Infine capiamo come goderci la visita e diventiamo dei veri esperti del contemporaneo. Perchè in fondo non ci vuole molto, basta lasciarsi andare, ogni composizione, ogni luce, ogni movimento di queste opere trasmette una sensazione insolita. Che dire ad esempio di "Sculture di linfa" una stanza tappezzata da corteccia come se fosse l'interno di un albero con un tronco sul pavimento con della linfa raccolta, dicono sia arte povera. L'opera di ingresso poi "Widow" una cosa stranissima ed enorme che sembra una tripla tuba che non permette di vedere da ciascuna delle tre estremità le altre aperture. Che faccia fare poi davanti alle illuminazioni di Mario Merz o che pensare ascoltando le varie audioinstallazioni che incontriamo. Ci mancano i riferimenti, ma forse proprio per questo non ci scomponiamo e proseguiamo temerari. Così alternando le nostre nuove identità, passando da un Achille Bonito Oliva, alla moglie di Alberto Sordi alla biennale di Venezia in "Le vacanze intelligenti", passiamo quasi tre ore senza accorgercene. E come dicevo all'inizio una delle attrazioni maggiori è la stessa struttura di Zaha Hadid che si presta alla meraviglia ed alla circumnavigazione. Sfiniti ma contenti, una vera giornata alternativa

22.11.10

Il popolo del risorgimento

Noi credevamo di Mario Martone


Ormai ci siamo : il centocinquantesimo è giunto, le celebrazioni sono alle porte. Se ne parla, si vendono libri, si inaugurano mostre, si dibatte in tv, soprattutto sulla mia amata "RaiStoria". Ovviamente se ne accorge solo chi vuole accorgersene; le informazioni che prevalgono nell'etere sono quasi sempre legate alla sexy-politica, ma chi è interessato può trovare scampoli di informazioni gratificanti. Così è arrivato anche il filmone sul risorgimento, prima a Venezia dove non è che abbia ricevuto grandi onori e poi al cinema. Appena è uscito ho sentito alcuni giudizi positivi da giornalisti e storici e di conseguenza, visto che Martone è un'artista di tutto rispetto, ho pensato di volerlo vederlo, anche se le tre ore mi spaventano sempre. "Noi credevamo" purtroppo è stato distribuito solo in qualche rara sala di una città grande come Roma ma neanche un bell'acquazzone violento mi ha impedito di raggiungere una sala cinematografica all'Eur e di godermi un film elettrizzante. Perchè il risorgimento è di per sè esaltante, tante figure di valore che ai nostri giorni metterebbero su una bella rivoluzione, ma si sa, certi treni non passano così spesso. E così ci si fa prendere da storie del passato. Ragazzi, perchè i giovani hanno unito l'Italia, e qualche bella testa pensante con Mazzini, un vero dominus. Grazie a questa gente ci siamo tolti dalle scatole la frammentazione di stati e staterelli che ci limitava e ci rendeva servi dello straniero. Ma i sogni erano piu' grandi di quello che si è realizzato e le modalità sono state piu' complesse di una semplificata storia patinata. Il film ovviamente non può raccontare tutta la storia, ma ci aiuta ad entrare in quell'atmosfera ed in quei luoghi. Senza giudizi, senza enfasi, senza retorica. Il punto di vista è quello di tre ragazzi del Regno delle due Sicile, due nobili ed un popolano che prendono parte a vario titolo ai primi moti del '21. Da qui si diramano le varie vicende attraverso società massoniche, finanziamenti segreti, attentati andati a vuoto, vicende carcerarie, per giungere infine al dopo unità in un'Italia che però non è quella sognata. Le divisioni restano, fra monarchici e repubblicani, fra nobili e popolani, fra nordisti e sudisti in un territorio dilaniato ancora per decenni da contrasti irrisolti. Ma lo spirito, le idee che sono girate, e che in parte si sono concretizzate fanno del Risorgimento italiano un momento di cui andare fieri. Grande cast, grande sceneggiatura, grande emozione. Dall'inizio alla fine. E quando ho sentito "
Quando all'appello di Garibaldi
tutti i suoi figli suoi figli baldi
daranno uniti fuoco alla mina
camicia rossa garibaldina
daranno uniti fuoco alla mina
camicia rossa garibaldina...
ho avvertito una scossa, un impeto, un desiderio di partire di nuovo, con un nuovo condottiero.



10.11.10

Tommasino da Pietralata

Una vita violenta di P.P.Pasolini


Roma e il dopoguerra, un bacino di storie, di vite, di personaggi a cui Pasolini ha attinto in maniera esemplare. Un mondo dipinto, riprodotto, analizzato, cantato in libri, film, articoli giornalistici. Come non essere attratti da uno scrittore che sembra calato dall'alto a spiegarti come stanno le cose; e come non desiderare di sentire il racconto antico delle mura e dei volti che vedi ogni giorno per le vie della città. Così dopo "Ragazzi di vita" , "Una vita violenta" approfondisce e mostra ancor di piu' i caratteri "difficili" della borgata romana nel periodo del boom economico. La storia di Tommaso è sporca, fangosa, fredda, e la conclusione drammatica ne è il termine ovvio. Negli anni'50 la speranza, il sogno, i soldi che si cominciano a vedere, posti di lavoro per tutti, di conseguenza molte persone hanno iniziato ad avere possibilità svaghi e divertimenti. Ma i nostri ragazzi di periferia hanno molta difficoltà ad emergere, anche grazie alla loro "purezza" che li tiene distanti dal conformismo che allora inizia a muovere i primi passi. Lo sguardo che Pasolini muove su questi luoghi e su questi volti è quello di un regista cinematografico. Campo lungo sullo spiazzo di Pietralata fra le baracche dove i ragazzini giocano a pallone e poi primi piani sui vari Tommasino, Lello, Zucabbo. Li seguiamo poi con la comitiva a piedi o col "millanta", girare per una bellissima Roma, senza traffico e caos, per ruberie d'altri tempi o per cercare l'amore o per osterie. Come non pensare a quei tanti film degli anni '50 che raccontano così dettagliatamente l'Italia di allora; questo romanzo ne è un degno collega. Ci sono inoltre spaccati sociologici a tutto tondo ad esmpio la politica, con Tommasino prima simpatizzante dei missini che finisce ad iscriversi al partito comunista e la scena madre della rivolta "comunista" al sanatorio è grandiosa. C'è il problema idrogeologico che a quei tempi rendeva malsana la zona di Pietralata, con l'alluvione che rende Tommasino un eroe ma lo condanna alla morte per tubercolosi, male che all'epoca fa molte vittime. E per concludere non si può non rimanere colpiti dal linguaggio, anche perchè qualcuno lo protrebbe trovare troppo ostico, un romanesco di borgata ormai in disuso che però contribuisce a rendere di notevole efficacia la ricostruzione della realtà.


18.10.10

Matti e sani

La pecora nera di Ascanio Celestini


Ascanio Celestini è da un pò che si muove sulla scena romana e nazionale, con i suoi spettacoli. La prima volta che l'ho visto all'Ambra Iovinelli, sono rimasto piacevolmente stupito. Non ne sapevo molto e lo spettacolo era "Scemo di guerra" ; ebbene, in un'ora e mezza, da solo, l'artista ha tenuto gli spettatori in viva attenzione e curiosità, senza mai cadere di tono. Solo raccontando. Ascanio Celestini sa raccontare in maniera appassionante, creativa ed istruttiva delle storie vere o verosimili. C'è dentro la storia, ma non quella degli storici, c'è quella vissuta dalla gente che ha ricorda quello che ha visto, ci sono le tradizioni, gli usi i costumi di quello che una volta si chiamava "proletariato". Ma la grande capacità di Celestini è in quel suo parlare veloce, nel suo linguaggio ricercato e popolare, nei gesti, nel suo pizzetto alla zz top, nelle battute, nel suo romanesco d'altri tempi. Mi venne da pensare e non solo a me, di aver trovato il Dario Fo dei nostri tempi. Così spettacolo dopo spettacolo il nostro ha allargato il suo sguardo artistico giungendo all'opera prima da regista cinematografico. La pecora nera era stata presentata già a teatro, ma il salto al cinema, con una tipologia di rappresentazione come la sua non è immediato. Non si passa da un monologo alla rappresentazione animata di piu' attori, seppure fantastica e onirica, senza rischi. Ma Celestini ha saputo rendere anche in questa forma espressiva il senso della sua missione, senza perdere in qualità. Il film è dedicato al mondo dei matti, al vecchio manicomio, che in tutta la sua drammaticità, alla fine, si rivela piu' rassicurante del mondo folle in cui vivono i "sani". Poesia, ironia, fantasia, ma anche un pò di amarezza, di difficoltà del vivere, di spaesatezza. C'è il forte contrasto tra una vita povera, ma genuina di qualche anno fa ed il centro commerciale, ricco, ma sofisticato, dei nostri tempi. Ci sono i bravi attori bambini, e i bravi attori grandi. Un filmetto che a Venezia ha portato lo stendardo del cinema italiano d'autore.