10.11.10

Tommasino da Pietralata

Una vita violenta di P.P.Pasolini


Roma e il dopoguerra, un bacino di storie, di vite, di personaggi a cui Pasolini ha attinto in maniera esemplare. Un mondo dipinto, riprodotto, analizzato, cantato in libri, film, articoli giornalistici. Come non essere attratti da uno scrittore che sembra calato dall'alto a spiegarti come stanno le cose; e come non desiderare di sentire il racconto antico delle mura e dei volti che vedi ogni giorno per le vie della città. Così dopo "Ragazzi di vita" , "Una vita violenta" approfondisce e mostra ancor di piu' i caratteri "difficili" della borgata romana nel periodo del boom economico. La storia di Tommaso è sporca, fangosa, fredda, e la conclusione drammatica ne è il termine ovvio. Negli anni'50 la speranza, il sogno, i soldi che si cominciano a vedere, posti di lavoro per tutti, di conseguenza molte persone hanno iniziato ad avere possibilità svaghi e divertimenti. Ma i nostri ragazzi di periferia hanno molta difficoltà ad emergere, anche grazie alla loro "purezza" che li tiene distanti dal conformismo che allora inizia a muovere i primi passi. Lo sguardo che Pasolini muove su questi luoghi e su questi volti è quello di un regista cinematografico. Campo lungo sullo spiazzo di Pietralata fra le baracche dove i ragazzini giocano a pallone e poi primi piani sui vari Tommasino, Lello, Zucabbo. Li seguiamo poi con la comitiva a piedi o col "millanta", girare per una bellissima Roma, senza traffico e caos, per ruberie d'altri tempi o per cercare l'amore o per osterie. Come non pensare a quei tanti film degli anni '50 che raccontano così dettagliatamente l'Italia di allora; questo romanzo ne è un degno collega. Ci sono inoltre spaccati sociologici a tutto tondo ad esmpio la politica, con Tommasino prima simpatizzante dei missini che finisce ad iscriversi al partito comunista e la scena madre della rivolta "comunista" al sanatorio è grandiosa. C'è il problema idrogeologico che a quei tempi rendeva malsana la zona di Pietralata, con l'alluvione che rende Tommasino un eroe ma lo condanna alla morte per tubercolosi, male che all'epoca fa molte vittime. E per concludere non si può non rimanere colpiti dal linguaggio, anche perchè qualcuno lo protrebbe trovare troppo ostico, un romanesco di borgata ormai in disuso che però contribuisce a rendere di notevole efficacia la ricostruzione della realtà.


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