27.1.08

Quant'è buono il cous cous

Cous Cous di Abdellatif Kechiche

C'era un film al festival di Venezia, Venezia sì non Cannes, acclamato unanimemente dalla critica, che però non ha vinto il Leone d'Oro. Questo film si chiamava "La graine et le mulet", si chiamava perchè nel frattempo ha cambiato nome nel piu' semplice "Cous cous", citando solo una delle due componenti del titolo originale mancando del "mulet" ossia del pesce. La semola ed il suo condimento, che può essere verdura o carne o pesce, (a me riesce particolarmente buono, ci metto salmone e mazzancolle) sono elementi che si uniscono per comporre uno squisito piatto, tipico della cultura maghrebina. Ma l'incontro di gruppi sociali differenti, provenienti da culture diverse non porta quasi mai ad una convivenza pacifica e sana tra individui. E questa è una chiave di lettura di questo bellissimo film che racconta una bella storia della periferia marsigliese utilizzando al meglio il linguaggo cinematografico senza cadere mai nel demagogico o nel pietismo. Un film lieve anche se lungo, un racconto corale che narra di uomini e donne, che si sofferma sui loro sguardi, sui loro sentimenti, sui loro contrasti, sulle loro incomprensioni causate dalla fatica del vivere ma anche del desiderio di riscatto sociale. Conflitto etnico e conflitto generazionale oltre i luoghi comuni che marchiano i sei milioni di arabi che vivono in Francia. Dentro questo film scorre la vita. Esemplari ed emozionanti sono le scene conviviali, a tavola si chiacchiera, si fanno pettegolezzi, si ragiona, si litiga, oppure si è a tavola per propiziare la nuova attività di Slimane. Altre scene emblematiche sono la litigata-sfogo tra lacrime e naso che cola di Rym che cerca di convincere la madre di andare alla cena e di dimostrare che la sua rivale è un'orribile odiosa cicciona malvestita stracciona ridicola spettinata o la scena sensuale sempre di Rym che balla con il ventre che è anche il richiamo del battage pubblicitario. Purtroppo per il protagonista le cose non vanno come vorremmo, ma la vita è anche questo.
Sarebbe bello rivederlo in lingua originale, con la traduzione immagino si sia perso molto visto la prorompenza dei dialoghi, per ora mi accontento del trailer qui sotto.

15.1.08

Viva la cappella di San Brizio

Ad Orvieto d'inverno

Non sembra indicatissimo il periodo invernale per la gitarella fuori porta, ma tant'è che uno fa le gite quando ne ha voglia e non quando ne ha voglia il tempo. Tappa di questa domenica è Orvieto, famosa, consigliatissima, visitabile, rivisitabile. Da Roma in un'ora sei lì quindi puoi partire anche in tarda mattinata, tipo le undici ed arrivare verso mezzogiorno e mezza, con comodo. Orvieto ha un bellissimo centro storico, che in un'ora due, ti giri in toto, poi un'altr'ora e mezza andrebbe "impiegata" nella visita del Duomo. Parliamo proprio del Duomo, che è la meraviglia delle meraviglie. Di questo monumento capolavoro del gotico italico rimaniamo affascinati da due elementi su tutti, la facciata e la cappella di San Brizio. La facciata è famosissima, da vicino fa impressione anche perchè non c'è uno spazio abbastanza grande davanti per osservarla dalla giusta distanza e allora lì dai vicoli di Orvieto vedi un gigante che ti sovrasta. Con tutte quelle statuine, il rosone, i portali, i bassorilievi e i mosaici opera di illustri artisti, su tutti Lorenzo Maitani, il padre della facciata. Ma la cappella di San Brizio e gli affreschi di Luca Signorelli per me sono i primi pensieri associati ad Orvieto. I grandi affreschi laterali sui temi del giudizio universale sono di una maestria e di una modernità inaudita, come primo impatto guardando alcune figure ho pensato ai cartoni animati giapponesi e poi a Michelangelo che da qui pare abbia tratto molti spunti per la Cappella Sistina.
fece tutte le istorie de la fine del mondo: invenzione bellissima, bizzarra e capricciosa, per la varietà di vedere tanti angeli, demoni, terremoti, fuochi, ruine e gran parte de' miracoli di Anticristo; dove mostrò la invenzione e la pratica grande ch'egli aveva ne gli ignudi, con molti scorti e belle forme di figure, imaginandosi stranamente il terror di que' giorni. Per il che destò l'animo a tutti quelli che dopo lui son venuti, di far nell'arte le difficultà che si dipingono in seguitar quella maniera

Si paga un biglietto d'ingresso, ma ne vale la pena. Per completare il giro si può passeggiare per le stradine di Corso Cavour cercando un buon ristorantino, un miele o una marmellatina gustosa in uno dei negozi di produzioni locali, o entrare in qualche bottega dei tanti artigiani, o vedersi qualche altra chiesa. Certo che se piove e fa un pò freddo non è il massimo, ma se nel pomeriggio esce un raggio di sole chissà. La gita può terminare con una tappa un pò faticosa, la discesa e risalita dal pozzo di San Patrizio, mirabile opera di ingegneria rinascimentale. E poi possiamo tornare all'ovile pregni di cultura e ristoro.

2.1.08

Stupor Mundi

Federico II di M. Fumagalli Beonio Brocchieri

Perseverando nella mia lentissima ma sempre piu' inesorabile ricerca libri di storia medievale mi sono imbattuto in questa biografia di Federico II edita da Laterza. A proposito della casa editrice barese, la collana di storia medievale è favolosa e a buon prezzo, li comprerei tutti se avessi un pò piu' tempo per leggerli. L'opera della professoressa di storia medievale si aggiunge alle tantissime produzioni che analizzano la vita ed il valore storico del leggendario Federico II di Svevia soprannominato Stupor Mundi". Si prendono in considerazione tutti gli aspetti e le sfaccettature della sua incredibile vicenda, a partire dalla sua nascita a Jesi, figlio di mamma Costanza d'Altavilla e papà Enrico VI di Hohenstaufen, il suo legame con l'Italia meridionale, la sua amata Palermo, il rapporto con il suo "protettore" Innocenzo III, l'ascesa al trono di Svevia dopo la contesa con il potente Ottone di Brunswick. E così di seguito, ma non cronologicamente, bensì per argomento, vengono descritte dettagliatamente le gesta ed il contesto in cui si è mosso Federico. Viene inoltre analizzata la sua sesta crociata, "soft", per l'amicizia con il mondo musulmano, che l'imperatore instaura già nella sua infanzia palermitana e poi la scomunica papale da parte di Gregorio IX. Non mancano ovviamente capitoli dedicati agli aspetti culturali : Federico II ha fondato l'Università di Napoli, la prima "laica" al mondo, ha circondato di poeti, letterati, scienziati, dotti di ogni genere la sua corte, citiamo solo Michele Scoto, Pier Delle Vigne, Jacopo da Lentini. Questi personaggi andrebbero studiati a parte, ciascuno sarebbe degno di un bell'approfondimento, chissà in futuro... Tornando a Federico, egli ha scritto trattati di caccia, di falconeria, ha promulgato le Costituzioni Melfitane, un corpo giuridico avanzatissimo ed inoltre, girando l'Italia se ne può rimanere colpiti, ha lasciato mirabili castelli, dalla Puglia alla Sicilia, alla Campania che solo un grandissimo della storia ha potuto far erigere. Federico II è alla base della cultura moderna del nostro paese. E molto altro, dal figlio che lo rinnega all'altro figlio Enzo, re Enzo se siete stati a Bologna, alle battaglie nel nord Italia, avvincente fino in fondo. Questo libro, infine è una giusta risposta alla mia curiosità nei confronti di una persona così straordinaria e di un periodo storico così strategico. Ottima scelta.