Paranoid park di Gus Van Sant
Nel periodo che in Italia vanno di moda i teen movie, i film dedicati agli adolescenti, quei filmetti carini modulati a loro misura per fargli credere che debbano ambire ai modelli da amici degli "Amici", c'è qualcuno in America che ce li racconta, questi adolescenti, con i toni crudi e disillusi della realtà. Gus Van Sant, che scoprii, alcuni anni fa, con un film bellissimo, ipnotico, terribile, straziante come "Elephant", torna con Paranoid Park e torna con i suoi giovani, con il college americano a noi familiare per mille film e telefilm, e con gli adulti, assenti protagonisti, fuori dal gioco, lontani, falsi, inutili. Questa volta il nostro eroe si chiama Alex, sedicenne di Portland, appassionato, come molti teenagers americani, ma se ne vedono anche sui nostri marciapiedi, di Skateboard. Alex non è proprio un bullo di periferia, non disdegna frequentarli sì, ma è quasi un bravo ragazzo, ha una bella ragazza , anche se preferisce passare il tempo con Macy, la sua minuscola amica del cuore, e ha dei genitori separati e distanti dalla sua vita. Un evento quasi casuale, non voluto, ma drammatico, lo precipita in una vicenda crudele vissuta tutta interiormente. La camera di Van Sant al solito segue senza partecipazione emotiva, si limita a constatare i fatti, non giudica ma impietosamente ci mette accanto al sofferente alla pari, non dall'alto. Ricorrente elemento e chiave di lettura del film è la ripresa sgranata, al ralenti e insonorizzata che presso Paranoid Park, immortala salti e giravolte degli skateristi. Un mondo ovattato, impenetrabile, un mondo a parte. Dentro questo torpore anche un evento come un omicidio, seppur casuale, è inafferrabile, impalpabile, non può essere vero. Questa è la tremenda sensazione di disagio e di spaesamento che il film ci trasferisce. Che dire? Aspetto con ansia "Milk" l'annunciato prossimo film di Van Sant sul primo politico omosessuale che ha fatto outing. Wil
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