Paranoid park di Gus Van Sant
Nel periodo che in Italia vanno di moda i teen movie, i film dedicati agli adolescenti, quei filmetti carini modulati a loro misura per fargli credere che debbano ambire ai modelli da amici degli "Amici", c'è qualcuno in America che ce li racconta, questi adolescenti, con i toni crudi e disillusi della realtà. Gus Van Sant, che scoprii, alcuni anni fa, con un film bellissimo, ipnotico, terribile, straziante come "Elephant", torna con Paranoid Park e torna con i suoi giovani, con il college americano a noi familiare per mille film e telefilm, e con gli adulti, assenti protagonisti, fuori dal gioco, lontani, falsi, inutili. Questa volta il nostro eroe si chiama Alex, sedicenne di Portland, appassionato, come molti teenagers americani, ma se ne vedono anche sui nostri marciapiedi, di Skateboard. Alex non è proprio un bullo di periferia, non disdegna frequentarli sì, ma è quasi un bravo ragazzo, ha una bella ragazza , anche se preferisce passare il tempo con Macy, la sua minuscola amica del cuore, e ha dei genitori separati e distanti dalla sua vita. Un evento quasi casuale, non voluto, ma drammatico, lo precipita in una vicenda crudele vissuta tutta interiormente. La camera di Van Sant al solito segue senza partecipazione emotiva, si limita a constatare i fatti, non giudica ma impietosamente ci mette accanto al sofferente alla pari, non dall'alto. Ricorrente elemento e chiave di lettura del film è la ripresa sgranata, al ralenti e insonorizzata che presso Paranoid Park, immortala salti e giravolte degli skateristi. Un mondo ovattato, impenetrabile, un mondo a parte. Dentro questo torpore anche un evento come un omicidio, seppur casuale, è inafferrabile, impalpabile, non può essere vero. Questa è la tremenda sensazione di disagio e di spaesamento che il film ci trasferisce. Che dire? Aspetto con ansia "Milk" l'annunciato prossimo film di Van Sant sul primo politico omosessuale che ha fatto outing. Wil
29.12.07
10.12.07
Caserta, via Acquaviva anni'70
Lascia perdere Jhonny di F.Bentivoglio
La colonna sonora mi fischia ancora nelle orecchie, quel tocco così anni '70 della Gibson di Mesolella è come una Madelaine proustiana, per chi ha vissuto la propria gioventu' in quegli anni, non per me ovviamente, che ero ancora un infante. In una psichedelica Caserta, la bellissima città a cui sono molto legato, si svolge il percorso di formazione umano e musicale del giovane protagonista. Commedia per lo piu' brillante, ricca di personaggi fortemente caratterizzati e accentuati come il Tony Servillo direttore d'orchestra o Ernesto Mayeux impresario poco raccomandabile, Valerio Golino la sciampista sognatrice o lo stesso Bentivoglio, musicista donnaiolo, "Lascia perdere, Jhonny" è un film godibile e simpatico, comunque non allineato al solito format del medio cinema italiano. Voglio segnalare alcuni momenti molto riusciti del film a cominciare dalla divertente trasferta a Roccamonfina con la banda, e poi la ben congeniata escursione, (con magico ritorno) a Capri ed infine la nebbia fitta nella piazza duomo (non di Milano). Il finale del film in effetti è un pò inaspettato, c'è un totale cambio di tono e di luogo che potrebbe sconcertare, ma nell'insieme di certo lo aiuta a rimanere nell'alveo del racconto di formazione malinconico, e non sfociare nella divertente macchietta e basta.
Ben-ti-voglio , per la sua prima da regista di lungometraggio, ha scelto un'esperienza, una memoria, non direttamente personale, un ricordo adolescenziale del chitarrista degli Avion Travel, Fausto Mesolella. Negli Avion Travel, Bentivoglio suona spesso il sax, e dagli Avion Travel pesca la chicca di Peppe Servillo che canta rivisitandola "Amore Fermati" di Fred Bongusto il tutto contornata da un divertente quanto improbabile ballerino. Spolverando tra i miei ricordi filmici, alcuni anni fa, Bentivoglio diresse il corto "Tipota" un filmetto stralunato e fantastico mi fece una buona impressione. Nel finale di Johnny, un pò magico e un pò ovattato, si rivede la mano di "Tipota" che credo sia la firma stilistica da ricercare anche nelle opere future. Ma anche se facesse solo l'attore a noi piacerebbe, perchè è bravo. Bel film. Wil
La colonna sonora mi fischia ancora nelle orecchie, quel tocco così anni '70 della Gibson di Mesolella è come una Madelaine proustiana, per chi ha vissuto la propria gioventu' in quegli anni, non per me ovviamente, che ero ancora un infante. In una psichedelica Caserta, la bellissima città a cui sono molto legato, si svolge il percorso di formazione umano e musicale del giovane protagonista. Commedia per lo piu' brillante, ricca di personaggi fortemente caratterizzati e accentuati come il Tony Servillo direttore d'orchestra o Ernesto Mayeux impresario poco raccomandabile, Valerio Golino la sciampista sognatrice o lo stesso Bentivoglio, musicista donnaiolo, "Lascia perdere, Jhonny" è un film godibile e simpatico, comunque non allineato al solito format del medio cinema italiano. Voglio segnalare alcuni momenti molto riusciti del film a cominciare dalla divertente trasferta a Roccamonfina con la banda, e poi la ben congeniata escursione, (con magico ritorno) a Capri ed infine la nebbia fitta nella piazza duomo (non di Milano). Il finale del film in effetti è un pò inaspettato, c'è un totale cambio di tono e di luogo che potrebbe sconcertare, ma nell'insieme di certo lo aiuta a rimanere nell'alveo del racconto di formazione malinconico, e non sfociare nella divertente macchietta e basta.
Ben-ti-voglio , per la sua prima da regista di lungometraggio, ha scelto un'esperienza, una memoria, non direttamente personale, un ricordo adolescenziale del chitarrista degli Avion Travel, Fausto Mesolella. Negli Avion Travel, Bentivoglio suona spesso il sax, e dagli Avion Travel pesca la chicca di Peppe Servillo che canta rivisitandola "Amore Fermati" di Fred Bongusto il tutto contornata da un divertente quanto improbabile ballerino. Spolverando tra i miei ricordi filmici, alcuni anni fa, Bentivoglio diresse il corto "Tipota" un filmetto stralunato e fantastico mi fece una buona impressione. Nel finale di Johnny, un pò magico e un pò ovattato, si rivede la mano di "Tipota" che credo sia la firma stilistica da ricercare anche nelle opere future. Ma anche se facesse solo l'attore a noi piacerebbe, perchè è bravo. Bel film. Wil
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