18.10.10

Matti e sani

La pecora nera di Ascanio Celestini


Ascanio Celestini è da un pò che si muove sulla scena romana e nazionale, con i suoi spettacoli. La prima volta che l'ho visto all'Ambra Iovinelli, sono rimasto piacevolmente stupito. Non ne sapevo molto e lo spettacolo era "Scemo di guerra" ; ebbene, in un'ora e mezza, da solo, l'artista ha tenuto gli spettatori in viva attenzione e curiosità, senza mai cadere di tono. Solo raccontando. Ascanio Celestini sa raccontare in maniera appassionante, creativa ed istruttiva delle storie vere o verosimili. C'è dentro la storia, ma non quella degli storici, c'è quella vissuta dalla gente che ha ricorda quello che ha visto, ci sono le tradizioni, gli usi i costumi di quello che una volta si chiamava "proletariato". Ma la grande capacità di Celestini è in quel suo parlare veloce, nel suo linguaggio ricercato e popolare, nei gesti, nel suo pizzetto alla zz top, nelle battute, nel suo romanesco d'altri tempi. Mi venne da pensare e non solo a me, di aver trovato il Dario Fo dei nostri tempi. Così spettacolo dopo spettacolo il nostro ha allargato il suo sguardo artistico giungendo all'opera prima da regista cinematografico. La pecora nera era stata presentata già a teatro, ma il salto al cinema, con una tipologia di rappresentazione come la sua non è immediato. Non si passa da un monologo alla rappresentazione animata di piu' attori, seppure fantastica e onirica, senza rischi. Ma Celestini ha saputo rendere anche in questa forma espressiva il senso della sua missione, senza perdere in qualità. Il film è dedicato al mondo dei matti, al vecchio manicomio, che in tutta la sua drammaticità, alla fine, si rivela piu' rassicurante del mondo folle in cui vivono i "sani". Poesia, ironia, fantasia, ma anche un pò di amarezza, di difficoltà del vivere, di spaesatezza. C'è il forte contrasto tra una vita povera, ma genuina di qualche anno fa ed il centro commerciale, ricco, ma sofisticato, dei nostri tempi. Ci sono i bravi attori bambini, e i bravi attori grandi. Un filmetto che a Venezia ha portato lo stendardo del cinema italiano d'autore.

11.10.10

La macchietta del nord e del sud

Benvenuti al sud di Luca Miniero

Mi capita qualche volta di essere "invitato" a vedere film tranquilli per fare due risate. Se non si tratta proprio un cinepanettone e se non sembra malvagio mi dispongo positivamente alla visione. In questa occasione un buon trailer faceva ben sperare. In realtà "Benvenuti al sud" fa ridere solo nelle scene del trailer. Esso non è una commedia divertente bensì un filmetto banale, che usa stereotipi vecchi e decrepiti su nord e sud che possono rivelarsi addirittura irritanti sia per quelli del nord, che per quelli del sud ma anche per quelli del centro. Prende spunto da un film francese che ho visto in parte e che non faceva ridere altrettanto. Bisogna comunque dire a difesa degli attori, Bisio e Siani, che sarebbero anche bravi, ma avrebbero bisogno di una sceneggiatura e di un regista che li valorizzasse. Per il resto non ci sono parolacce, il paesino salernitano dove è ambientata la vicenda è un bel borgo, va detto che in sala ho notato diverse persone ridere di gusto, ma per quanto mi riguarda questo film è vuoto. E' comunque importante averlo visto per poterlo criticare alla luce dell'immeriato successo che ha avuto. In fondo l'Italia vincente, l'Italia che ha la maggioranza è quella che prima litiga poi mangia assieme pajata e polenta, come bossi e polverini. Molto grossolanamente il gorgonzola e la mozzarella del film rappresentano questa lite che si trasforma in patto d'acciaio della banalità. Il problema generale è che si cerca la sintesi, la facilità, l'immagine riassuntiva, la retorica superficiale e si liquidano in slogan buoni per le campagne elettorali, situazioni complesse che andrebbero analizzate e risolte in maniera elaborata. Le differenze tra il nord ed il sud non sono riassumibili nei soliti dualismi : il sole e la nebbia, il ridanciano ed il musone, la mafia e la legalità, la monnezza e la pulizia, la mozzarella ed il gorgonzola. Per fare un confronto bisognerebbe ristudiarsi almeno gli ultimi duecento anni di storia, farsi un giro per gli ottomila comuni italiani, conoscerne gli abitanti e le istituzioni e dopo anni di analisi si potrebbe scrivere un libro lungo come la treccani. Questo sì sarebbe un confronto, per quanto inutile. Ciò che è sbagliato è la premessa : non ha senso, o comunque è anacronistico contrapporre il nord ed il sud.