6.4.08

Che carino!

JUNO di Jason Reitman

Il caso ha voluto che arrivando in ritardo per la programmazione di "Non pensarci" abbiamo ripieghato su Juno. In realtà l'avevamo già puntato visto che nella nostra lista dei film da vedere era al secondo posto. Juno è l'unico vincitore, che si ricordi, del festival del Cinema di Roma, che tra l'altro è meglio che si spenga lentamente con Gian Luigi Rondi, che campare senza senso come prima. Juno è carino. Carino è un aggettivo che descrive questo film nella sua concezione primordiale, senza degenerazioni di significato. Carino vuol dire bello, piccolo, leggero, delicato, corretto, onesto. Film indipendente, America underground , quella dei ragazzi che si incontrano nei fast food e mangiano un sacco di schifezze.La protagonista è una vispa e simpatica eroina dal nome impegnativo Juno (Giunone). Juno che si attacca al succo d'arancia per poter fare tanta pipì, Juno che fa l'ennesimo test di gravidanza un uno di quei negozi americani che vendono di tutto e dove alla fine ti mettono tutto in un grande sacchetto di carta, Juno che sovrasta il suo boy friend in quanto a carattere e decisione. Juno si fa subito apprezzare, ma il film riesce a non farcela venire a noia, sviluppando una storia che comunque appassiona. Molti lo hanno strumentalizzato come antiabortista, ma credo che gente come Giuliano Ferrara e compagnia si siano sbagliati. Le reali intenzioni o pretese di questo film sono molto piu' semplici : una bella storia e due ore da passare in sana leggerezza.

3.4.08

Precari dentro

Tutta la vita davanti di P.Virzì

Virzì è sempre stimolante. Sai che vai al cinema e fai una sana immersione in film giovanili, leggeri, ironici, onesti e ben fatti. Questa volta sembra che il nostro abbia alzato un pò l'asticella per provare un'impresa di valore piu' elevato. Ha cercato un film che rappresenti la società italiana dei nostri anni, vista con gli occhi dei giovani. Quello che ne esce fuori è un boccone amaro, un'impietosa commedia che non lascia spazio a visioni entusiastiche. Se uno ha tutta la vita davanti e tutta la vita sarà una rincorsa, un inutile tentativo di migliorare la propria condizione accumulando delusioni ed umiliazioni allora sarà tutta "di merda" la vita che ci aspetta? L'unico appiglio, l'unica speranza, ci viene dalla protagonista, una bravissima Isabella Ragonese, che, da ragazza in gamba, intelligente e colta, sa adattarsi in un Italia senza punti di riferimento e (forse anche per questo) in grave crisi economica. La protagonista, "brillantemente laureata" come si dice oggi, trova lavoro solo in un call-center. Quest'ultimo è anche luogo simbolico, luogo rappresentativo della precarietà occupazionale ma anche, aggiungerei della fine del rapporto umano nel commercio. Uno se ha un problema con qualsiasi acquisto o servizio deve chiamare il call-center e non ha piu' un umano con cui prendersela, ma una vocina, spesso inesperta e malpagata, a volte con tanta buona volontà, che copre gli interessi di qualche multinazionale. Tornando alla protagonista, è l'unica ad uscire vincente dal film, e questo è un segnale di speranza, in quanto non troppo coinvolta nel turbinoso progresso dei costumi e della società, ma ferma su saldi principi e sani studi. Gli altri invece ne escono malconci, a partire da Ghini e Ferilli, il primo imprenditore da strapazzo e piacione di turno, l'altra, una quarantenne romana fetish-kitsch triste e disperata, quindi Elio Germano e Micaela Ramazzotti due giovani che non reggono il sistema e soccombono. Infine esce incerottato anche il mondo "radical-chic" sindacale per quanto ben rappresentato dall'idealista Mastrandrea. Virzì realizza così il suo miglior film, bel ritmo, poco commediola, molto tosto, calzante. Si esce dal cinema soddisfatti ed affamati specialmente se non avete mangiato.
Wil